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Una donna dimenticata: Cesira Fiori, una confinata a Maratea

Cesira Fiori è stata una intellettuale e antifascista italiana, confinata a Maratea. Nella nostra cittadina la memoria di ciò, così come del fatto stesso d’esser stata Maratea luogo di confino, sembra essersi persa.
Oggi, nella Giornata Internazionale della Donna, riscopriamo questa donna dimenticata.

Chi era Cesira Fiori?

Nacque a Roma il 25 novembre 1890 da Massimo e da Giuliana Mora Morunti. Nel 1908 iniziò la carriera di maestra presso le scuole rurali statali di Velletri (RM).

Ritratto fotografico di Cesira Fiori.

Nel 1910 si iscrisse al Partito Socialista Italiano. Prese parte alle manifestazioni contro la guerra di Libia e contro l’intervento dell’Italia nella Grande Guerra. Aderì all’Associazione donne italiane e si occupò dei problemi sindacali delle infermiere, delle cucitrici, delle lavoranti a domicilio, battendosi per la pensione alle casalinghe e per i diritti politici e civili delle donne.

Nel 1921 fu tra le prime iscritte al Partito Comunista Italiano.

L’attività antifascista e l’arresto.

Con un curriculum del genere, non servì altro a Cesira per attirare su di sé l’attenzione della polizia politica fascista. In più, il Ventennio non fu un periodo facile per le lavoratrici italiane. Già nel 1926 iniziò l’esclusione delle donne dall’insegnamento superiore. La legge 221/1934 stabilì un limite del 10% della presenza femminile negli uffici pubblici e privati.

Cesira, dal canto suo, non fu mai ambigua e contestò il regime sin dai suoi albori. Nel 1928 il governatore di Roma la allontanò dalla scuola per incompatibilità politica. Il Consiglio di Stato respinse il suo ricorso.

Si mantenne dando lezioni private. Parallelamente, con altri antifascisti avviò delle azioni cospirative contro il regime. Essendo portata per le Lettere, in particolare si impegnò nella pubblicazione de La Falce, un foglio di propaganda clandestina destinato ai contadini. In più, aveva attrezzato una sorta di biblioteca circolante per la diffusione di romanzi a sfondo sociale.

Fu arrestata nel 1933 e destinata al confino politico nell’anno successivo. Nel gennaio 1934 fu mandata a Ponza, dove sarebbe dovuta restare per cinque anni. Ma, per ragioni di salute, nel settembre 1935 fu trasferita a Maratea.

Una confinata a Maratea.

È ben noto il governo di Mussolini predilesse la Lucania come destinazione dei confinati politici. Chi non conosce la vicenda di Carlo Levi ad Aliano?

Ma i confinati non furono inviati solo nei comuni interni. Anche Maratea fu sede di confino politico, sebbene la storiografia locale lo abbia del tutto dimenticato.

Cesira Fiori arrivò a Maratea nel settembre 1935. Arrivò nel nostro paese in treno. (Anche se la Fiori non ricorderà questo particolare nelle sue memorie, per venire incontro alla sensibilità del lettore più nostalgico, possiamo senza dubbio immaginare che il treno arrivò in perfetto orario.)

La vecchia stazione di Maratea (da Calderano.it)

Il suo primo impatto con Maratea fu mediato dal capotreno. All’approssimarsi alla nostra stazione, questi iniziò a ridacchiare. Quando Cesira gli chiese il perché, lui le canticchiò: «Maratea, senza sole! / tutte ‘e donne senz’onore! / se le corna fossero fraschi / Maratea ci avrebbe li boschi!». Per chi non li conoscesse, questi versi sono di una canzoncina ottocentesca, in voga nei paesi dell’alto-tirreno cosentino fino alla metà del secolo scorso, in cui si scherniscono tutti i paesi della riviera. 

«Chiedo scusa alla gentile, ospitale Maratea per questo scherzoso detto che non le si addiceva certo – scriverà poi Cesira in un libro di memorie – [Maratea è] un paese ospitale e gentile, paese di sole donne, forti, cortesi lavoratrici (ci ho vissuto per quattro anni circondata dalla stima e dall’affetto quasi unanime) e che mi accolse con il lezzo dei suoi cedri, l’incanto verde della sua valle; dopo quel rovente alito delle rocce affocate, arse, gialle, rossiccie, brulle di Ustica, il profumo di quelle piante, il verde riposante della sua mirifica valle, composero il primo balsamo che si soffuse sui miei nervi straziati da tanto tempo».

A contatto con gli ultimi.

Cesira visse in via Pendinata prima e in via Sotto le Monache poi. All’epoca, nei pressi della sua prima abitazione si trovava la caserma dei Carabinieri. Gli uomini dell’Arma furono sempre gentilissimi con lei e le diedero il libero usufrutto dei libri della biblioteca della caserma.

La Pendinata nel Dopoguerra (foto di P. N. Berardi).

Ma soprattutto la Fiori fu vicina agli ultimi, alle vedove e agli orfani dei figli degli emigranti che non si facevano più vivi. 

«Erano distribuzioni di dolcissimi sguardi, tra segreti ascoltati e sorrisi senza risparmio. La gente si avvicinava e ascoltava. Io naturalmente seminavo i più elementari principi della nostra idea, […] sulla miseria da eliminare, perché non si deve mangiare tutta vita erbe cotte condite «co’ o pipe», o castagne secche lessate, o i taralli duri di un mese ammollati nell’acqua, mentre pochi s’abbottano di ciccia… molte teste si aprivano, sai? E continueranno ad aprirsi in mia assenza, perché ho lavorato, io maestra, anche con gli studenti delle medie».

Dopo Maratea e le sue memorie.

Cesira Fiori lasciò Maratea nel maggio 1939. Nonostante la pena di confino fosse giunta al termine nel 1938, fu trasferita a San Demetrio ne’ Vestini (AQ). 

Nel giugno 1944, ancor prima dell’arrivo delle truppe Alleate, il Comitato di liberazione nazionale la nominò sindaco di San Demetrio. Nell’ottobre dello stesso anno tornò a Roma. Riprese l’insegnamento nelle scuole e organizzò il sindacato degli insegnanti. Morì a Roma il 9 gennaio 1976.

Cesira pubblicò diversi volumi nel periodo repubblicano. In due di questi, Una donna nelle carceri fasciste (1965) e La confinata (1979), raccontò gli aneddoti della sua esperienza a Maratea.

La memoria della sua permanenza è praticamente scomparsa nel nostro paese, così come molti altri fatti del Ventennio. Nel 2011 la pubblicazione postuma di Maratea nel panorama postunitario, ultimo lavoro del prof. José M. Cernicchiaro (1949-2010), colmò molte lacune sul periodo. Ma ci sono ancora molti vuoti da riempire, in particolare per quanto riguarda i confinati politici. Un giorno, speriamo vicino, una ricerca nel fondo dedicato all’Archivio di Stato di Potenza porterà alla luce altre storie come quella di Cesira Fiori.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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