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Il costume di Maratea nel XIX secolo

Costume è una parola multiforme.

Partendo dall’abito, può indicare la moda di un popolo o di un’epoca per finire coll’intendere il complesso di usanze caratteristiche di un popolo in un determinato periodo storico.

Tra il 1831 e il 1835, il parroco di S. Biagio Carmine Iannini (1774-1835) compose un manoscritto rimasto inedito fino al 1985. Pubblicato come Di S. Biase e di Maratea. Discorso Istorico per i torchi dell’Istituto Editoriale Grafico Italiano di Napoli, in esso troviamo un capitolo dedicato al Costume de’ Marateoti della sua epoca.

Un aspetto molto affascinante dello studio della Storia è quello che riguarda la cultura materiale, cioè l’insieme degli aspetti visibili e concreti di un popolo e di un’epoca. E la moda ne è un aspetto saliente.

«Le Città tutte del Mondo – scrive Iannini – non si devono riputare cospicue dall’estensione del suolo: dalla magnificenza delle Fabriche: dalla sontuosità de’ Palazzi: dalla ricchezza: dal lusso, e da altro di simil Calibro; ben vero dai Costumi de’ suoi abitanti, tanto riguardo a se stessi, quando in ordine ai Stranieri, che vi arrivano: ed inoltre dal metodo che osservano nel parlare, nel vestire, ed in tutto il rimanente del procedere.»

Iannini specifica subito una tripartizione della popolazione, che classifica in Nobili, Artisti (cioè artigiani e commercianti) e Plebei (cioè i contadini): «per gli Uomini Nobili, ed Artisti, niente vi è da dire. I medesimi a seconda della moda corrente, sempre hanno vestito, e vestono, rispettivamente nella stessa guisa, che i Nobili, e gli Artisti della Città di Napoli», mentre i Plebei vestono «con Calzone, e Giacca, di color blù, Calze di panno bianco, Scarpa a Zavatta, Camisciola di color rosso, con una Rotella di Seta gialla nel petto: Cappello in testa con laci di varj colori.»

Il vestire è più variegato per quanto riguarda le donne. «Le Gentil Donne – spiega Iannini – indossano le vesti, usano i cappelletti, i veli, e tutti gli altri ornamenti Donneschi; ma nel tempo antico due Sorti di Vesti avevano, cioè quella di mezza Gala, e quella di tutta Gala. L’abito di mezza Gala consisteva in scarpa di pelle negra con Fibia di argento: calzetta color cremisi, o verde: Gonna color blù: Busto = Corpettino: Fazzoletto al collo, ed una mezza Cuffia di Seta bianca, con nocca sù la Fronte, o verde, o scarlata. Di tutta Gala poi in Scarpa di Seta ricamata: Calza di Seta bianca: Veste con pieghe, manicotti, ricami, e vali; alle volte anche il Guarda Infante e Scuffia magnifica con ornamenti sontuosi: orecchini: ventaglio in mano: e due orologj ecc.»

«Le Donne degli Artisti – continua – anche vestivano, come vestono curiosamente: vale a dire con Scarpa di pelle negra con Fibia d’argento: Calza color rosso, o verde: Gonna tutta arricciata a mille colonnette, chiamata la Fadiglia: invece di Busto un Corpettino; e sopra un altro Corpettino, che noi diremmo a giorni nostri Giacca, ma esse lo chiamano Cammicetto a guisa di una mezza Giamberga con Gallone intorno, e maniche alla Granatiera con Bottoni di argento, ed una Rezzuola di Seta in testa.
Le Plebee finalmente portavano come sempre hanno portato una Scarpa di pelle negra con Fibia di argento: una Gonna di panno violaceo, tutt’arricciata, ed attaccata al Corpettino, chiamata tal Gonna Sottana: un Antesino stretto color celeste detto Pannicello: il Cammisotto come sopra, però senza Galloni; ed in Testa una Rezzuola e sopra la Rezzuola una Fascia di quattro dita larga di lino bianca, pendente ai lembi, ed appellata la Tovagliela, e le Zitelle intrecciano li Cappelli con una Fettuccia di lino bianco denominata la Pettola compone vasi poi tali Capelli a guisa di Corona sul Capo.»

A Maratea, così come in tutti gli altri paesi, queste mode ricalcavano mode più ampiamente diffuse – anche per quanto riguarda i ceti più bassi – che sono ancora troppo poco studiate. Il “vestito tipico” di un determinato paese, quindi, tanto decantato dai nostalgici di tempi mai vissuti, altro non è che una variazione su un tema comune, peraltro mutevole con lo scorrere del tempo. E come ogni altro episodio storico, anch’esso ha avuto una nascita, uno sviluppo e una fine. Nello specifico, la morte di questi “vestiti tipici” avvenne quando la produzione dei capi di abbigliamento si spostò dal focolare domestico al fabbricazione pre-industriale e industriale: in Basilicata coincise, più o meno, con i decenni successivi al 1860.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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