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Maratea descritta da Lorenzo Giustiniani

Il Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani è un testo molto noto tra gli studiosi di storia meridionale. Contiene la descrizione minuziosa di pressoché tutti i centri abitati del Regno di Napoli: tra questi anche Maratea e i suoi villaggi. In questo articolo, scopriamo cosa fu scritto a proposito della nostra Città.

Lorenzo Giustiniani.

Il Giustiniani fu un giureconsulto e professore napoletano. Sappiamo poco della sua vita. Da adolescente intraprese la carriera militare, poi però si ritirò per passare allo studio del diritto, laureandosi in giurisprudenza. Esercitò per qualche tempo l’avvocatura, che abbandonò per dedicarsi alla compilazione di opere bio-bibliografiche. 

Il suo Dizionario gli prese diciannove anni di lavoro. Per compilarne i dieci volumi compì ricerche d’archivio e attraversò tutte le terre del regno, studiandone la geografia e la storia.

Morì nel 1825, poco dopo esser stato nominato professore di critica d’arte e diplomazia all’Università di Napoli (ora Federico II).

La voce “Maratea”.

Nel Quinto Volume del Dizionario si trova la voce Maratea. In realtà, Giustiniani separò la superiore dalla inferiore, ma qui, per comodità le, riunisco.

Maratea in una incisione del 1853

Dopo averci detto che si tratta di una «Città Regia in provincia di Basilicata, compresa nella diocesi di Cassano. Da Matera è distante miglia 70, da Cassano 60, da Mormanno 24, 8 da Policastro, e dal mare un miglio in circa», l’autore specifica che la inferiore è posta «alle falde di un monte a settentrione. Gode di un vago orizzonte, e di aria niente insalubre, sebbene da novembre fino a gennaio non gode affatto del sole venendo impedito dall’altezza della montagna, ov’è Maratea superiore».

Quest’ultima invece «è in alto del monte, tutta cinta di mura, e di bastioni, onde Maratea superiore è detta il Castello, e la Inferiore chiamasi il Borgo».

Un po’ di storia.

In poche righe, Giustiniani riassume quelle che alla sua epoca erano le notizie sull’origine di Maratea:

«È nominata – scrive – in una bolla di Alfano arcivescovo di Salerno del 1079 citato dal Manelli. L’origine di Maratea si vuole antica. È indubitato un tempo essere stato luogo abitato da’ Greci, ma finora non sonosi ritrovati vestigi certi e sicuri di esserci stata ne’ vecchi tempi qualche città di molto nome. Alcuni pretendono, ch’ivi fosse stata l’antica Blanda nominata da Livio, ma altri lo negano, volendola dove oggi è Belvedere. Il ch. Camillo Pellegrino scrisse: Blanda nunc Maratea; Il Manelli però lo avvertì dell’errore.»

È da notare che il Giustiniani ignori completamente gli autori locali della sua epoca, concentrandosi unicamente su quanto di Maratea scrivevano gli eruditi napoletani. Ciò è dovuto senz’altro al fatto che, all’epoca la circolazione dei libri, e in particolare quella dei libri stampati da autori non napoletani, era particolarmente limitata.

Economia.

Le notizie più interessanti che ci dà Giustianini solo quelle economiche.

«Il territorio di questa città – si legge – non è molto fertile, perché assai petroso, nulla di meno fa del buon vino, specialmente in alcuni luoghi, ed ogni altra produzione ancora per forza d’industria. È abbondante  di acqua, e vi sono molti molini, gualchiere, che recano del guadagno a quella popolazione. Il massimo prodotto è quello dell’olio. Il detto territorio abbonda di mortelle, le quali ridotte in polvere vendono altrove per la concia de’ cuoj. Gli ortaggi vi si coltivano con successo e similmente gli agrumi, e i fichi d’India, che ne’ mesi estivi serve per alimento della povera gente, come anche le carrube. Vi è la caccia di lepri, volpi, lupi, e di più specie di pennuti, e il mare dà abbondante pesca.»

Il Porto senza il porto.

E ancora:

«Gli abitanti ascendono al numero di circa 3800 – ma l’autore ne aggiunge poi 450 al Castello, per un totale di 4250 – addetti all’agricoltura, alla pastorizia, facendosi de’ buoni formaggi, ed hanno ancora l’industria de’ bachi da seta, e di fare calze di cotone, e di filo, che vendono ad altri paesi della provincia. Le donne son molto dedite alla fatica si’ della campagna; che a quella del trasporto di varj generi. In Napoli quelli, che hanno le botteghe di formaggio per lo più sono di Maratea, come anche i pizzicagnoli.»

Le frazioni.

Proprio in quell’epoca, cioè alla fine del XVIII secolo, si stavano sviluppando i primi villaggi (oggi frazioni) di Maratea. Le prime a formarsi furono il Porto, Acquafredda, Cersuta e Massa. Ma il Porto non fu subito abitato in maniera stabile, per cui Giustiniani si concentrò sulle altre tre.

Di Acquafredda scrive: «è posta vicino al mare, e gli abitatori ascendono al numero di 35. In alcuni luoghi del suo territorio si fa un vino di color giallo, e di esquisito sapore, che accostandosi al fuoco di accendeva, per quanto ne dicono quelli di Maratea. In oggi questo prodigio più non si vede; e sarebbe stato ben degno, che gli scrittori tutti ne avessero fatta parola nelle opere loro. Quelli che si avvisano, che il Falerno fosse stato di tal natura, ci dicono una favola e Plinio stesso, non avrebbe tralasciato certamente di menzionarlo, tra tutti gli altri vini, ch’egli dice produrre effetti quasi incredibili. Il mele che vi fa nel detto villaggio, è di color bianchiccio. Nel luogo detto Marizzo vi si trovano molte vipere.» Dio solo sa che cosa fosse questo vino…!

Poche le parole su Cersuta, di cui Giustiniani ci dice solo distare 4 miglia da Maratea ed essere abitata da 100 persone. Oggi la cosa ci sorprende, ma all’epoca era normale che un posto più vicino al paese e alle sue comodità fosse più popolato di uno più distante.

Di Massa, «ove si veggono molti giardini», l’autore ci dice ancora meno, dimenticandosi anche di appuntare distanza e numero di abitanti.

 

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.