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Quanti abitanti aveva Maratea durante il XIX secolo?

«E che diamine può importare?» potrebbe essere la versione edulcorata dell’istintiva risposta alla domanda del titolo.
Eppure, tale questione di demografia storica, al di là della sua intrinseca importanza settoriale, può essere un ottimo esempio di come l’applicazione di un buon metodo di studio, che analizzi le fonti sviscerandole, può risolvere problemi di ricerca storica apparentemente indistricabili.

Maratea nel 1853 disegnata da Horace De Rillet.

I dati di Cernicchiaro & Perretti.
Nel pregevolissimo studio L’antica terra di Maratea nel secolo XVIII, edito nel 1992 e scritto da José M. Cernicchiaro (1949-2010) e Vincenzo Perretti, uno specchietto di un paio di pagine mostra la progressione degli abitanti di Maratea dal XIII al XX secolo con quelli che erano i più affidabili dati in possesso degli autori.
Per il periodo che abbiamo preso in esame, i dati sono:

1803: 4.334
1808: 4.065
1822: 4.397
1828: 4.969
1843: 6.035
1848 (a): 6.343
1848 (b): 6.306
1856: 7.046
1858: 7.019
1860: 7.105
1888: 7.120
1899: 8.421

Sorprende, in particolare, il dato relativo al 1899. Davvero incredibile pensare che il nostro paese abbia superato gli 8.000 abitanti… tra l’altro nel 1899, cioè nel periodo più vigoroso dell’ondata migratoria verso l’America. Un dato talmente incredibile da far nascere qualche sospetto: ma sarà vero?

Il problema della statistica preunitaria.
Sotto il Regno delle Due Sicilie non esisteva un vero e proprio censimento. I dati demografici venivano calcolati con un sistema molto empirico, cioè sfruttando i registri parrocchiali o quelli dello Stato Civile (introdotto dai Francesi) e aggiornando per somma e sottrazione un dato di partenza ricavato da uno stato delle anime parrocchiale o una misurazione catastale (che all’epoca contabilizzava anche i residenti).
Questo sistema aveva degli evidenti problemi: era esposto a molti errori, non ultimo quello di non tenere conto dei cambi di residenza, così che i morti lontano dal paese non venivano mai sottratti dalla conta degli abitanti e sedimentavano una quota sempre crescente di popolazione che, semplicemente, non esisteva!
A Maratea questo problema pesava particolarmente. Nel nostro paese il fenomeno migratorio era iniziato già nella prima metà XIX secolo: nei registri parrocchiali troviamo segnata all’8 settembre 1806 la campana funebre per annunciare la morte del marateota Pasquale Maronna, avvenuta a Madrid, «ove si era portato per l’esercizio della sua arte di ramaro».
Ma l’emigrazione preunitaria resta ancora poco conosciuta: è, in generale e non solo per Maratea, un capitolo ancora tutto da scrivere per la storiografia del Mezzogiorno, essendosi finora gli storici concentrati per lo più – se non esclusivamente – sulla grande emigrazione italiana di fine secolo e primo Novecento.
Nella serie di delibere del collegio decurionale di Maratea che va dal 1823 al 1860, conservata nell’archivio comunale, troviamo qualificati ancora come ramai calderari (nel gergo dialettale) gli emigrati preunitari, in linea con una tradizione tipica del vicino Cosentino, dai cui paesi costieri, in particolare, flotte di persone che non avevano una sussistenza dignitosa si improvvisavano artigiani e partivano verso l’estero. È evidente, pertanto, che l’etichetta professionale di ramaio o sua variante va tenuta in conto con le debite cautele.
Nei prospetti dei dazi municipali troviamo sempre, accanto al numero degli abitanti del paese, la specifica che «nel Comune mancano sempre 800 persone che girano, porzione ne’ Regni Esteri col mestiere di Ramai, ed altri in Napoli Caseolei [sic], ed altri che travagliano ne’ Paesi limitrofi».

Delibera sui dazi comunali del decurionato di Maratea per il 1837.

Il decreto del 2 marzo 1857.

L’inesattezza delle cifre, quindi, era nota o quantomeno sospettata dagli amministratori dell’epoca. Tuttavia, lasciar credere che Maratea avesse oltre 7.000 abitanti negli anni ’50 del XIX secolo aveva i suoi vantaggi. Utilizzando una stima così ampia della popolazione, il 30 luglio 1856 il decurionato di Maratea chiese agli organi superiori il permesso di nominare un aggiunto al Primo Eletto (una sorta di vicesindaco dell’epoca con funzioni anche giudiziarie), sostenendo che «questo Comune contando oltre li 7000 abitanti, e la sua popolazione trovasi dispersa in 5 lontani Villaggi, abitando solo nel paese circa un terzo, il 1° Eletto trovasi inabilitato a poter accorrere ne’ diversi punti del territorio pel disimpiego delle proprie funzioni, e per la verifica delle contravvenzioni». E la richiesta che venne accettata con apposito decreto, il successivo 2 marzo 1857.
In questo modo, un equivoco statistico aveva generato una nuova carica pubblica con annesso stipendio…!

Il primo censimento del Regno d’Italia.
Ma che i dati preunitari fossero fallaci e che la popolazione di Maratea fosse minore erano, in realtà, consapevolezze che già circolavano nelle menti dei più lucidi cittadini.
Nel primo consiglio comunale dopo l’Unità nazionale, tenutosi il 25 ottobre 1861, il sindaco Nicola Marini-D’Armenia dichiarò credere «che questo Comune non conta una popolazione agglomerata di oltre le 3.000 anime, poiché sebbene vien ritenuto un’ammontare a più di 7.000 anime pare nell’abitato ve ne esistono da circa 2.000 trovandosi il rimanente disperso in sei Villaggi e nelle Campagne».
Il primo censimento italiano, completato qualche mese dopo, dimostrò che la stima del sindaco era eccessivamente cauta: al 31 dicembre 1861 a Maratea vivevano 5.623 persone.

È possibile fare una stima della popolazione di Maratea preunitaria?
Purtroppo no. I dati in possesso dello storico sono i medesimi che avevano a disposizione i contemporanei amministratori. Una volta considerato che gli stati di popolazione e gli altri documenti ufficiali sono inaffidabili, possiamo solo tentare calcoli molto empirici, resi ancor più imprecisi dal non avere a disposizione alcun documento, precedentemente al 1861, sui movimenti di popolazione diversi dalle nascite e dalle morti.
Tra l’altro, anche dopo l’Unità qualcuno a Maratea continuò a credere che il paese fosse molto più popoloso della realtà. Nel suo libricino Blanda e Maratea, Biagio Tarantini (1864-1928) lamentava che «in un paese [come Maratea] di 8000 abitanti, [c’era] un sol fabbro ferraio!». Tarantini, all’epoca della pubblicazione, aveva 19 anni: l’ingenuità è perdonabile…

Maratea ha mai raggiunto gli 8.000 abitanti?
Dai censimenti del Regno d’Italia, i quali contavano la popolazione effettivamente presente nei singoli comuni della Penisola con rilevazioni decennali (come accade ancora oggi), ricaviamo l’andamento demografico della seconda metà del secolo:

1861: 5.623
1871: 5.694
1881: 5.689
1891: il censimento non si fece per problemi di bilancio dello Stato
1901: 5.603

Nei primi quarant’anni di Unità, quindi, Maratea era stazionaria sui 5.600 abitanti circa. Questo dato ci porta a due considerazioni.

La pagina del lavoro di Cernicchiaro & Perretti

La prima riguarda gli 8.421 abitanti che Cernicchiaro e Perretti contano nel 1899. Visto il dato del censimento del 1901, com’è possibile che ben 2.818 abitanti fossero spariti nel nulla in appena due anni? Seppure quello fosse il periodo in cui l’emigrazione transoceanica si fece più intensa, è tuttavia difficile pensare che prima la popolazione crebbe dai 5.689 abitanti del 1881 agli oltre 8.000 del 1899 per poi calare all’improvviso nel 1901.
La spiegazione, in verità, sembra molto semplice. Nel loro studio, Cernicchiaro e Perretti citano come fonte del dato del 1899 il dizionario geografico La Patria di Gustavo Strafforello (1820-1903), trascrivendo da questo la registrazione di 5.450 abitanti per Maratea inferiore e 2.771 abitanti per Maratea superiore.

Il lavoro di Strafforello.

Verificando la fonte primaria, scopriamo che Strafforello segnò, in realtà, 5.450 abitanti per Maratea e 2.771 per Trecchina, la quale, con Maratea, costituiva un unico mandamento (una circoscrizione giudiziaria dell’epoca) di due comuni: si tratta, in sostanza, di un errore di trascrizione dei due autori locali!
La seconda considerazione è che la Maratea della seconda metà dell’Ottocento si mantenesse tutto sommato costante nonostante l’emigrazione verso l’America. Eppure, la storiografia locale ci ha sempre raccontato che Maratea fu uno dei paesi lucani con il più alto numero di emigranti. Com’è possibile?

L’emigrazione postunitaria.
La storiografia locale ha trattato finora il capitolo dell’emigrazione postunitaria in termini retorici, esaltando il dolore e il sacrificio personale delle centinaia, quando non migliaia, di persone che si separavano dai loro affetti e averi in patria per cercare i mezzi della propria sussistenza in altri luoghi del mondo. Anche i dati statistici (e per l’emigrazione postunitaria ne abbiamo in quantità), se si esclude un pregevole lavoro, ormai vecchio di qualche anno, a cura dell’Associazione Amici di Maratea, non sono stati debitamente sviscerati in termini critici.

Il Porto di Maratea agli inizi del XX secolo

Nella relazione sull’emigrazione lucana di Eugenio Azimonti (1878-1960), che è la fonte della stragrande parte dei lavori successivi, i dati relativi agli emigranti partiti da Maratea sono:

1884: 153
1885: 240
1886: 217
1887: 237
1888: 223
1889: 175
1890: 214
1891: 266
1892: 240
1893: 337
1894: 346
1895: 324
1896: 311
1897: 276
1898: 317
1899: 267
1900: 276
1901: 358

Le cifre sono veramente impressionanti. Nei diciassette anni che vanno dal 1884 al 1901, da  Maratea si registrarono 4.777 partenze, cifra che pareggia l’83,97% della popolazione residente nel paese al 31 dicembre 1881.
Come si può conciliare questo dato con quello della sostanziale stabilità della popolazione residente? Un certo incremento naturale della popolazione non basta, da sé, a spiegare la situazione. A fine XIX e inizio XX secolo, il trend demografico era segnato tanto da una alta natalità che da una alta mortalità, per cui questo incremento non poteva, da solo, controbilanciare una così grande emorragia migratoria.
La spiegazione, ancora una volta, è più complessa e riguarda, di nuovo, la natura della rilevazione statistica.

La differenza tra emigrati ed emigranti.
È stato Michelangelo Morano, docente di storia all’Università della Basilicata, a portare all’attenzione degli storici lucani come «le tecniche di rilevamento si riferivano alle sole partenze, prescindendo del tutto dai rimpatri che, se temporanei, incidevano sensibilmente sulle curve degli espatri, essendo rinumerati come prima partenza».
In altre parole, le statistiche sull’emigrazione contavano il numero delle partenze verso l’estero e non le unità di persone trasferitesi definitivamente all’estero: quindi, ad esempio, se da un paese in un certo arco di anni partirono verso una terra straniera 150 persone e 70 di queste, in tale arco di anni, rientrarono e ripartirono, poniamo, per tre volte, e, a differenza degli altri, per tutti questi 70 l’ultimo viaggio fu quello di ritorno in patria, il numero che lo storico trova nelle statistiche è di 360 partenze di emigranti (cioè coloro che viaggiavano), nonostante, in realtà, gli emigrati (cioè coloro che trasferirono definitivamente la loro dimora all’estero) furono soltanto 80 persone.
Uno studio condotto sull’emigrazione  in alcuni comuni calabresi, di cui si dispone sia del dato degli emigranti che degli emigrati,  ha portato a indicare il secondo pari al 65% del primo, in media. Non sappiamo quanto il dato sia indicativo della situazione generale del comuni del Mezzogiorno, tanto meno, non so quanto il dato può essere preso per buono nel caso di Maratea, dove, come ci dice una relazione sull’emigrazione lucana del 1904, «è raro che un Maratese non sia emigrato, ed è altrettanto raro che, all’infuori di fisica impossibilità, esso non ritorni […] un legame indissolubile li stringe tutti al paese natio».
Ovviamente, questa presa di consapevolezza non significa che gli studi debbano accantonare il discorso sull’emigrazione perché i dati in nostro possesso non indicano realmente gli emigrati. I dati che abbiamo sugli emigranti e gli studi su di essi condotti hanno la loro altissima dignità e possono indicare la dimensione storica del fenomeno, a patto che siano contestualizzati nei giusti termini.

Qualche lettura.
Per chi volesse approfondire l’argomento:
– i libri citati in questo articolo sono: Cernicchiaro José, Perretti Vincenzo, L’antica “terra” di Maratea nel secolo XVIII, Lavello, il Salice, 1992; Morano, Michelangelo, Storia di una società rurale. La Basilicata nell’Ottocento, Roma, Laterza, 1994; Strafforello, Gustavo, La Patria, Torino, U.T.E.T., 1894-1899; Tarantini, Biagio, Blanda e Maratea. Saggio di monografia storica, Napoli, I.G.E.I., 2006 (2 ed.);
– sull’emigrazione: Galasso, Giuseppe, Lo sviluppo demografico del Mezzogiorno prima e dopo l’Unità, in Id., Mezzogiorno medievale e moderno, Roma, Einaudi, 1965, pp. 301-441; Lardino, Salvatore, Verso le terre del riscatto: emigrazione e società in Basilicata nella relazione Franzoni (1904), in «Bollettino storico della Basilicata», a. 1989 (n. 5), pp. 193-251; Vinicio Alliegro, Enzo, La Basilicata e il “Nuovo Mondo” Inchieste e studi sull’emigrazione lucana (1868-1912), Potenza, Consiglio regionale di Basilicata, 2009.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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