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Gli antichi privilegi di Maratea

I privilegi di Maratea, come tutti gli appassionati di Storia locale sanno, sono un serie di concessioni che i sovrani del Regno di Napoli elargirono alla nostra città nel corso di diversi secoli.
Gli storici che hanno scritto la storia di Maratea non hanno mai mancato di elencarli e sostenere che essi rappresentano la concreta evidenza dello speciale trattamento che i sovrani napoletani riservarono, sempre o quantomeno per lunghissimo tempo, al nostro paese.
Nonostante questa celebrata importanza, né i privilegi, intesi come atti giuridici, né il loro particolare contenuto hanno ricevuto la dovuta attenzione in termini di critica storiografica… che sì, suona noiosa già a nominarla, ma è una operazione necessaria tanto più è importante il tema trattato.

I privilegi nelle storie di Maratea.

Il primo a parlarci dei privilegi  è Paolo D’Alitti (1676-1728), sacerdote laureato in legge che scrisse la più antica monografia nota sulla storia del paese. D’Alitti accenna sbrigantivamente a certi «amplissimi privilegii concessile [a Maratea, n.d.r.] principalmente da Roberto, Ladislao, Giovanna prima, e seconda, ed altri della casa d’Angiò; da Alfonso primo, Ferdinando, Federico, ed altri della casa d’Aragona; confermati da Ferdinando il Cattolico, dallì’Imperador Carlo V, e da successori Austriaci».
Nonostante scriva che alla sua epoca i privilegi «originalmente conservansi», D’Alitti non si addentra nel contenuto dei documenti.

Circa un secolo dopo, Carmine Iannini (1774-1835), anch’egli sacerdote e cappellano del santuario di S. Biagio, compose il suo Discorso Istorico sul santo e Maratea. Non tutti sanno che originariamente l’opera era concepita in tre parti e l’ultima, mai compilata, doveva parlare anche i privilegi della città.
Già alla sua epoca, come vedremo, i privilegi avevano però perso il loro valore legale, per cui non ci si prese più molta cura di conservane gli originali.

Qualche copia circolava però nelle famiglie di Maratea e queste vennero esaminate da Biagio Tarantini (1868-1927), autore, nel 1883, del volumetto Blanda e Maratea.
Tarantini riassunse i privilegi che poté vedere così:
«Documento più antico che si rinvenga si è quello col quale Giovanna II nel 2 settembre 1414 riconfermava i precedenti privilegi elargiti dai Principi. La mancanza però di questi precedenti privilegi ci resta nel buio desolante. Giovanna stessa al 4 maggio 1419 dispone che:
1. I Magistrati recandosi a Maratea, avessero presso i soli cibarii.
2. Che i collettori non avessero esatte le tasse (diete) a capriccio, ma secondo l’imposizione della Camera Summaria.
3. Immuni di multa quei banditi che si trovassero nell’agro marateoto.
Nel 9 giugno 1428 Giovanna II pure ordinava:
1. Esenzione ai Marateoti di pagare imposizioni passando per Lauria e distretto.
2. Facoltà a crearsi ogni anno un maestro giurato che pronunziasse col giudice effettivo (Bajulare) nelle cause civili a Lauria.
Nelle lunghe contese poi tra Angioini ed Aragonesi i Marateoti favorirono i primi; perciò Sanseverino, conte di Lauria, restrinse d’assedio per parte di Alfonso I d’Aragona in Maratea Superiore: quivi capitolarono e nel 4 gennaio 1441 ottennero:
1. Confermati i precedenti privilegii.
2. Che mai Maratea si fosse ceduta in feudo ai signori.
3. Mercato franco ogni prima domenica di maggio.
Ai 18 ottobre 1489 Ferdinando I d’Aragona stabilì che gli uomini di Maratea godessero i privilegi del Foro e quindi dovunque si trovassero, si dirigessero le carte sempre alla curia di Maratea.
Federico II nel 22 novembre 1496 accordò a Maratea la riconferma dei precedenti privilegi, inoltre dette plenaria amnistia pei reati. Che non potessero nel contado della città abitar soldati, bastando i soli Marateoti per la loro stessa custodia. Che gli abitanti di Maratea Superiore non scendessero, dietro intimazione dei pubblici funzionari, bensì questi si recassero da loro per l’adempimento del loro ufficio.
Tutto ciò fu pure confirmato da Carlo V in Napoli li 26 Marzo 1536 e se ne ebbe analoga patente dalla Camera Summaria nel 29 Marzo 1621.
Ferdinando III ai 31 Gennaio 1506 dichiarò Maratea feudo della R. Corona, riserbandosi i diritti di feudatario.
Il Cardinal Colonna nel 6 aprile 1530, qual luogotenente generale di Carlo V, ricevette lettere di alienare diritti, luoghi, rendite, etc ed il Conte Carafa da Policastro ne acquistava i diritti fiscali per Ducati 10.000 (Lire 42,500) e già avea anticipato Ducati 3000. […]
Filippo III, poi ai 15 settembre 1605, compiaciuto del governo e dell’indole mite dei Marateoti, accordò il trasporto d’armi gratuito in tutto il regno».

Fondamentalmente furono anche le stesse copie che vide, anni dopo, Domenico Damiano (1891-1969). Nel suo Maratea nella storia e nella luce della fede (tre ed. dal 1954 al ’65) trascrive all’incirca gli stessi contenuti, ma con qualche variante che insospettisce lo storico: è probabile, oltre che possibile, che al giovane Tarantini – che all’epoca della pubblicazione del suo libricino aveva 19 anni – fosse sfuggito qualche particolare anche importante, come il mercato franco ogni prima domenica di maggio, che il sacerdote segna concesso nel privilegio del 1428 (ed è incredibile che Damiano, attento studioso di ogni cosa relativa al santo patrono, non abbia messo in correlazione ciò con la festa di S. Biagio…!).
Per indagare al meglio sui documenti, allora, occorrerebbe il confronto con le fonti primarie. Ma ciò, come vedremo ora, è cosa estremamente complicata.

Le fonti primarie e secondarie dei privilegi.

Come tutti gli appassionati di storia locale sanno, purtroppo sembra che anche le copie dei documenti viste da Tarantini e Damiano si siano, negli anni successivi, perdute per sempre.
Inoltre, lo storico non ha neppure la speranza di poter, un giorno, rintracciare le copie di cancelleria all’Archivio di Stato di Napoli: i privilegi di Maratea, insieme a quelli di altre città, risulta fossero conservati nel fondo Curiae dell’archivio della Regia Camera della Sommaria, cioè uno di quelli bruciati nel celebre incendio del 1943.
La verifica diretta delle fonti primarie, quindi, è in questo caso impossibile.

Ciononostante, nel corso dei secoli Tarantini e Damiano non furono i soli ad avere visione delle copie originali dei documenti. Anche il sacerdote Biagio Antonio Iannini (1865-1950), nel suo manoscritto, sostiene d’aver potuto vedere le antiche carte. Ma, cosa ancor più importante, proprio il sacerdote Iannini ci indirizza verso più antiche (e precise) fonti secondarie.
In un atto notarile del 1591 si cita l’esistenza di un libro, composto per conto dell’amministrazione della città, che conteneva il sunto di tutti i privilegi. Da un altro rogito firmato dal notaio Felice Di Lieto nel 1758, invece, sappiamo che del libro era scomparso, ma i più importanti privilegi erano conservati nella sagrestia della chiesa di S. Maria Maggiore «in una cassettina nella quale vi sono le effigie di San Biase, San Francesco e la Madonna Santissima con le imprese del regnante di quel tempo e della nostra città». Inutile dire che questo oggetto, oggi, sembra scomparso.

Per nostra grande fortuna, lo zelante notaio Di Lieto trascrisse i capitoli dei privilegi conservati nella cassettina in calce al rogito. A sua volta, la sua trascrizione venne ricopiata dal sacerdote B. A. Iannini per il suo manoscritto e può essere letta qui.

Il ristretto dei privilegj dell’archivio comunale.

Sappiamo essere esistita una altra e interessantissima fonte secondaria giacente, questa volta, proprio negli archivi di Maratea. A darne notizia fu il prof. José M. Cernicchiaro (1949-2010), nel suo lavoro Pietre nel cielo. Il Castello di Maratea, edito nel 1988, nelle ricerche per il quale s’imbatté in un manoscritto, intitolato Ristretto dei privilegj che originalmente conservansi, composto probabilmente nel XVIII secolo.
Cernicchiaro non diede particolare importanza al documento, relegandone il testo nelle note. Ciononostante, ne trascrisse gran parte del contenuto come segue:
«1) Privilegio originale in pergameno concesso da re Ladislao […] col quale riduce il demanio, e il territorio di Maratea in burgensatico concesso in S. Lucido a 20 luglio 1404.
2) Priv. or. in pergameno della Regina Giovanna II […] col quale confirma tutti i li privilegi e le grazie concesse dalli passati Re […] spedito in Napoli a 2 settembre 1414.
3) Priv. or. in pergameno concesso dall’istessa Regina Giovanna II […] col quale […] concede che essendo accusati gli huomini di detta Città dalla Corte della medesima Città possano l’accusatori pentirsi fra tre giorni dopo la citazione, prima della contestazione della lite, fuorché nelle cause di pena di morte […] Spedito in Napoli 4 marzo 1419.
4) Priv. or. in pergameno del Re Alfonso I d’Aragona […] col quale confirma li capitali concordati tra detta Città e Conte di Lauria […] spedito in Benevento a 4 gennaio 1441.
5) Priv. or. in pergameno concesso dall’istesso Re […] col quale revoca et annulla la donazione da esso fatta al Conte di Lauria della medesima Città e il suo Castello, ma promette e giura di tenerla sempre nel Regio Demanio […] et anco concede […] né possa per qualsiasi causa alienarsi, et alienandosi, possano gli huomini di detta Città non obedire senza noto delitto di lesa maestà […] spedito in Napoli a 20 settembre 1444.
6) Priv. or. in pergameno concesso dal Re Ferdinando I d’Aragona col quale concede che l’huomini di detta Città nelle prime cause civili, criminali e miste non possano essere riconosciuti se non dalla corte di detta Città ne tirati ad altro tribunale […] spedito a 18 ottobre 1469.
7) Priv. or. in pergameno concesso dal Re Carlo VIII col quale concede […] che l’officiali e commissari sono in Maratea inferiore ma vadano a tener Corte e far altre faccende in detto luogo di Maratea superiore […] e che il Governatore non possa essere se non di Terra Demaniale e non essendo, sia lecito non accettarlo […] spedito in Napoli a 12 Agosto 1495.
8) Priv. or. in pergameno concesso dal Re Federico d’Aragona col quale concede […] che detta Città sia in perpetuo in Demanio: che le barche di pescanza di detta Città siano franchi di decima e d’ogni altra sorta di Gabella […] che gli huomini siano franchi di dogane, e gabelle per le robbe che comprassero, o vendessero in qualsiasi parte del Regno […] firmati detti capitoli nelli Campi Felici vicino Gaeta a 22 novembre 1496.
9) Priv. or. in pergameno concesso […] dal Gran Capitano Consalvo Ferdinando di Cordua, Viceré del Regno di Napoli in nome di Ferdinando il Cattolico e della Regina Elisabetta, continente molti capitoli […]: che le barche di detta Città possano pescare per qualsiasi parte demaniale senza pagare cosa alcuna e siano franche di falangaggio; che l’huomini di detta Città possano andare armati per qualsiasi parte del Regno fuorché in detta città […] spedito nelli Campi Felici vicino Gaeta a 3 luglio 1503.
10) Priv. or. in pergameno del Re Ferdinando il Cattolico col quale confirma tutti li Privilegi et gratie concesse […] dalli Re ante passati […] spedito in Salamanca a 31 gennaio 1506.
11) Priv. or. in pergameno concesso dal Cardinal Pompeo Colonna, luogotenente del Regno per parte dell’imperatore Carlo V e della Regina Giovanna sua madre col quale confirma a beneplacito di S.M.I. tutti li privilegi et gratie concesse […] Spedito in Napoli a 6 Aprile 1530.
12) Priv. av. in pergameno concesso dall’imperatore Carlo V […] col quale confirme la vendita fatta al Cardinal Pompeo Colonna per li suddetti grani ducati seimila […] vendita confirmata dalla medesima maestà in Brusseles come per privilegio spedito a 9 marzo 1531 quale sta inserito per estensum in questo privilegio […] spedito in Napoli a 15 Marzo 1536.
13) Priv. or. in pergameno del Re Filippo III […] col quale confirma […] di poter li cittadini di detta città portar l’armi in qualsivoglia parte del Regno fuorché in detta città spedito in Vagliaroli da 5 settembre 1605

Cernicchiaro scrive d’aver trovato il manoscritto nell’archivio comunale: dopo aver condotto lì ricerche per diversi anni, posso dire che questo documento oggi risulta scomparso.

Cos’erano i privilegi?

Coloro che fino ad ora hanno scritto la storia di Maratea hanno visto nei privilegi il segno tangibile ed evidente di «una particolare e non comune situazione giuridica – come scrisse, in un lavoro del 1980, ancora il prof. Cernicchiaro – il cui aspetto esaltante è il riconoscimento alla popolazione di uno speciale regime, svincolato da quei gravami feudali che invece sopportavano altre comunità».
In realtà, ciò è sbagliato e fuorviante. Tutte le terre del Regno di Napoli possedevano un proprio patrimonio di privilegi, concessi dai sovrani se demaniali, o dai feudatari se infeudate.

I privilegi altro non erano che la dizione giuridica di quei particolari atti che sanzionavano le aspirazioni che le comunità non potevano deliberare, stanti leggi del Regno, in maniera autonoma e coi proprio organi.
Il contenuto di questi privilegi, poi, era molto spesso simile: come ci spiega Nunzio Federico Faraglia (1840-1920), grande studioso delle antiche amministrazioni meridionali, nella gran parte dei casi «quei capitoli, grazie e privilegi riguardano solo una diminuzione del pagamento delle collette, una franchigia di dogana, l’esenzione di un servizio, o vero [sic] un richiamo per l’osservanza ai capitoli del regno, o il privilegio, che i cittadini non potessero essere citati in giudizio fuori la terra».
Confrontando il contenuto dei privilegi nostrani con altri, pertanto, ci rendiamo conto che il caso di Maratea non ha nulla di eccezionale.

Come i marateoti ottenevano i propri privilegi?

La mancanza delle fonti primarie sui privilegi, ossia i documenti originali, rende molto difficile rispondere alla domanda. Eppure, possiamo fare delle supposizioni piuttosto valide con il materiale che abbiamo.
In primo luogo, dobbiamo fare attenzione alle date e ai luoghi allegati a ogni concessione allegata nel Ristretto. Gli atti citati ai nn. 2, 3, 5, 6, 7, 8 e 9 sembrano il risultato di private interlocuzioni con la regina o con il re; il n. 4 ha la data e il luogo di uno dei parlamenti generali convocati da Alfonso d’Aragona con i feudatari e i rappresentanti delle città demaniali; il n. 1 porta data e luogo di una campagna di Ladislao d’Angiò contro i ribelli Ruffo di Calabria.

In secondo luogo, per il privilegio concesso da Ferdinando d’Aragona nel 1469 abbiamo un interessante dato. Nei regesti dei registri della Cancelleria Aragonese, conservati all’Archivio di Stato di Napoli, risulta l’annotazione del privilegio riguardo «Marathee de provincia Basilicate, concessio quod de primis causis non possint extrahi a iurisdictione capitanie dicte terre, taxata solvat tarenos duodecim».
I nostri antenati, quindi, corrisposero una somma di denaro per l’elargizione del privilegio, quantomeno destinata ai diritti di cancelleria. 

Ci mancano ulteriori dati per confronti probanti, eppure anche il singolo caso mi pare indicativo per aprire a nuove interpretazioni il contesto storico del pacchetto di privilegi di cui Maratea ha beneficiato fino alla fine del 1806, anno in cui l’avvio dell’azione riformatrice dei napoleonidi cambiò l’apparato giurisprudenziale del Regno di Napoli. 

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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