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La comunicazione fallimentare: cosa fare per rovinare le relazioni con gli altri e con il proprio partner

comunicazione fallimentare

Per quanto sia audace esplorare l’ignoto, lo è ancor di più indagare il noto

– Giorgio Nardone.

 

In quanti diamo per scontato il modo di comunicare con gli altri e con le persone a noi più care?

Vi siete mai chiesti cosa fosse andato storto quella volta, in cui dopo un litigio con il partner, nonostante aveste tutte le ragioni del caso, anzichè uscirne vittoriosi e a testa alta, vi siete ritrovati con un’inspiegabile senso di colpa ed una relazione irrimediabilmente compromessa?

Ebbene se vi è successa una cosa del genere, le cause sono da ricercare nel “come” vi siete espressi e nel come avete gestito la situazione conflittuale, in quanto molto probabilmente avete usato inconsapevolmente, uno o più elementi della comunicazione fallimentare.

Ecco gli ingredienti da utilizzare per fallire in una relazione, contesto dove il “come” dico qualcosa, influisce più del “cosa” dico… dove l’emozione, vince sempre sulla ragione.

 

Puntualizzare

Tipico delle persone intelligenti, puntualizzare le situazioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro, risulta essere estremamente negativo e fallimentare, in un ambito in cui chi cerca di razionalizzare l’irrazionale, appare solo come un magnifico rompiscatole, causando ripercussioni all’interno della coppia, che vanno dal disturbo del desiderio sessuale, ad atteggiamenti di fuga o conflittuali. Il puntualizzatore, parte armato delle migliori intenzioni, in quanto convinto del fatto che “è meglio essere chiari”, cerca costantemente di prevenire equivoci, risparmiando (secondo la sua opinione) sofferenza sia a se stesso che all’altro, il quale guardacaso però, è infastidito proprio da tale atteggiamento.

La strategia della puntualizzazione potrebbe essere definita una perversione della razionalità, poichè produce effetti irrazionali a partire da un comportamento super-razionale. (dal libro “correggimi se sbaglio” di Giorgio Nardone)

Recriminare

Quando incolpiamo il partner di qualcosa recriminando, è come se ci ergessimo al ruolo di giudice inquisitore, causando così un aspro conflitto all’interno della relazione. Sentendosi sotto accusa, e messo alle strette come una gazzella di fronte ad un leone, il compagno avvertirà molto di meno il senso di colpa, in quanto l’istinto di sopravvivenza lo spinge a difendersi più che a riflettere sulle proprie colpe, aumentando il desiderio di ribellione. Ancora una volta la ragione di chi accusa, seppur legittima, in un contesto relazionale, va ad infrangersi contro una reazione emotiva di “lotta o fuga”, decisamente più dirompente.

Rinfacciare

Rinfacciando qualcosa al proprio partner con l’intenzione di fargli cambiare atteggiamento, quello che si ottiene nella maggior parte dei casi, è una reazione di rabbia incontrollata che porta all’esasperazione proprio il comportamento che si voleva correggere o cambiare del tutto. Ponendoci sempre in un atteggiamento vittimistico, facciamo in modo che il ruolo ricoperto in una singola situazione, diventi poi il ruolo definitivo che assumiamo nella relazione. Di conseguenza, percependo l’atteggiamento vittimistico come strumentalizzato, il partner scatena un’ulteriore reazione rabbiosa, che in alcuni casi può sfociare anche in atti estremi. Ogni volta è come essere catturati da un tornado che, con la sua spirale di energia, travolge fino al tremendo impatto finale.

 

 

Predicare

Colui che si mette in condizione di fare la predica all’altro, si comporta come un prete durante la sua funzione, proponendo al partner, all’amico o al collaboratore, ciò che secondo lui è giusto o ingiusto a livello della morale. Ma come in tutte le situazioni elencate finora, ecco il paradosso. Nonostante le “nobilissime ragioni”, come risultato si ottiene che nell’altro avviene una reazione di stizza tale, da portarlo a trasgredire ancor di più le regole di quella morale, e anche se non trasgredisce nei fatti, ne avrà sicuramente una voglia matta.

E’ come spiegare ad un bambino di 5 anni che va ghiotto per la cioccolata, di non mangiarla, perchè mangiarne troppa fa male, e perchè altrimenti la mamma che ha cucinato per lui con tanto amore, ci rimarrà davvero male se lascia nel piatto il minestrone, che è sì meno buono, ma sicuramente più salutare. (Ora immaginate la reazione del bambino).

 

“Te l’avevo detto!”

Breve sentenza dagli effetti catastrofici è il classico “te l’avevo detto!”. Poche le espressioni capaci di suscitare contemporaneamente sensazioni come: provocazione, irritazione e squalifica.

Quando facciamo una marachella o comunque qualcosa di sbagliato rendendocene conto subito dopo, è del tutto normale sentirci in collera con noi stessi. Immaginate che in un momento del genere sia presente anche il vostro partner che rincara la dose con il suo “te l’avevo detto”… a chi non è mai capitata una situazione del genere? È come se in un incendio, anziché utilizzare dell’acqua per poterlo spegnere si utilizza della benzina. In parole povere, possiamo affermare con una certa sicurezza che, chi utilizza spesso questa espressione non risulterà simpatico a molti.

 

“Lo faccio solo per te”

Si tratta di una dichiarazione di sacrificio unidirezionale, che non solo fa sentire l’altro in debito, ma lo costringe a subire qualcosa che lo fa sentire inferiore, poichè bisognoso di un “generoso” gesto altruistico. Colui che compie tale dichiarazione, di solito pretende un riconoscimento da parte dell’altro, che per tutta risposta in virtù della sgradevole sensazione che gli viene suscitata, risulta essere un ingrato.

Ecco dunque come un atto altruistico dichiarato, si trasforma in una manovra decisamente egoistica.

“Lascia… faccio io”

“Lascia… faccio io”, è un espressione di squalifica travestita da gentilezza. Per essere più chiari, colui che si prodiga per noi, nell’aiutarci in qualcosa che “secondo lui o lei” non siamo in grado di fare da soli, è di sicuro un atto di riguardo, ma che allo stesso tempo “sottolinea” una nostra ipotetica incapacità. Ad esempio, possono dare conferma di questo, tutte le donne che alla seppur minima difficoltà durante un parcheggio, peraltro scomodo, essendo ritenute “a priori” meno capaci degli uomini alla guida, si sentono dire dal primo bisbetico che si ritrova a passare di lì, “lascia fare a me…te la parcheggio io…tranquilla”. Citando l’espressione per esteso, in tale situazione sarebbe stata: “lascia fare a me…te la parcheggio io l’auto, dato che non ne sei capace”. La situazione sarebbe potuta evolvere molto diversamente con un attimo in più di pazienza, ovvero la dolce donzella ce l’avrebbe fatta anche da sola aumentando le sue capacità di guida invece di sottolineare un banale pregiudizio.

In casi del genere è bene tenere a mente che un aiuto non richiesto, non solo non aiuta, ma danneggia.

 

Biasimare

Il biasimare, è l’atto più velenoso e subdolo del dialogo fallimentare. Immaginate di esservi dedicati anima e corpo nei preparativi per una cena a sorpresa avente come tema il compleanno della vostra partner: cucinate per lei i suoi piatti preferiti, apparecchiate il tavolo con il servizio di piatti e di posate migliore che avete, create l’atmosfera a lume di candela ecc ecc. La vostra compagna/o rimane esterefatta/o per la meravigliosa sorpresa, e mentre entrambi siete al settimo cielo, servi il primo piatto in tavola….quando ad un tratto il festeggiato/a osserva il piatto e dice: “tesoro, è davvero tutto meraviglioso….ma come hai potuto dimenticare che odio i funghi?”. Chiunque dopo quelle parole vorrebbe sprofondare sottoterra.

L’effetto di questa espressione è dato dal contrasto tra la prima e la seconda parte del messaggio, il quale esprime in un primo momento approvazione, che subito dopo si trasforma in una sconvolgente squalifica. E’ come dire “si’ va bene, ma non è abbastanza”. Percepirsi non all’altezza, essere arrabbiati con se stessi e allo stesso tempo delusi e dispiaciuti per la magra figura, è come ingoiare tutto ad un fiato un cocktail composto dai più potenti veleni che esistono sulla terra. Attraverso questa formula magica è possibile creare conflitti anche in una relazione esemplare, tanto da poter usare questa tecnica strategicamente, qualora si stesse tentando di mettere fine ad una rapporto.

Se vogliamo stare bene in mezzo agli altri e riuscire a gestire, anziché subire i conflitti con le persone care, faremmo meglio ad essere maggiormente consapevoli del linguaggio che utilizziamo.

 

E’ impossibile conoscere gli uomini senza conoscere la forza delle parole

-Sigmund Freud

 

 

 

 

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Giovanni Montesano

Giovanni Montesano

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