fbpx

I pizzicagnoli di Maratea a Napoli: i primi marateoti fuorisede

Secondo Lorenzo Giustiniani (1761-1824), autore del celebre Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, la stragrande parte dei casedogli (cioè i pizzicagnoli e salumieri) in attività nella Napoli del suo tempo erano originari di Maratea.

Lungi dal perdere il legame col paese natio, questi nostri antichi concittadini vivevano una situazione che noi contemporanei ben conosciamo: erano dei fuorisede.

Un legame indissolubile.

Tra gli attributi più generalmente collegati al marateota c’è quello di un legame molto forte con il paese, più simile al cordone ombelicale dei neonati che al comune senso campanilistico di appartenenza. Una relazione sull’emigrazione lucana dei primi del Novecento sosteneva esser «raro che un Maratese [sic] non sia emigrato, ed è altrettanto raro che, all’infuori di fisica impossibilità, esso non ritorni […] un legame indissolubile li stringe tutti al paese natio».

Questo legame non è nato negli ultimi cento o centoventi anni. Già nel XVI secolo, il canonico e professore di teologia Guglielmo Deodato, dopo una vita trascorsa a Napoli, tornò per passare la vecchiaia a Maratea, con la quale era sempre in contatto, e morì al Castello, disponendo in eredità le sue sostanze per dotare le giovani nubili più povere del paese. Suo regalo è il bel tabernacolo nel santuario di S. Biagio.

Pizzicagnoli e mercanti a Napoli.

Nel XVII e XVIII secolo i fuorisede marateoti per eccellenza erano i pizzicagnoli del paese che si trasferivano a Napoli per aprire una bottega. Nel loro caso, il legame col paese era dovuto anche a ragioni economiche: coloro che a Maratea appaltavano le tratte mercantili dei beni di prima necessità verso la capitale dell’antico regno piazzavano nella città una testa di ponte, così da controllare – quando non mantenere all’interno della medesima famiglia – tutto il filone commerciale. Ho accennato a questi commerci in un precedente articolo.

Il Porto di Maratea a inizio XX secolo.

Sappiamo da fonti napoletane che nel Seicento la colonia marateota in città era posta nei dintorni della fontana della Pietra del Pesce, oggi posta in via Carlo Troya. È suggestivo, ma non supportato da prove documentarie, che il nome di questa fontana possa aver influito nella toponomastica di Maratea stessa, dove Pietra del Pesce è il nome della strada del centro storico un tempo adibita a mercato ittico.

L’archivio di Stato di Napoli conserva un interessante documento della stessa epoca, individuato dalla studiosa Claudia Petraccone, interessante per lo studio della vita di quei «forestieri che si trasferivano a Napoli la costituzione di società poteva rappresentare il modo più semplice di inserirsi nel mondo del lavoro; così, ad esempio, fecero due «potecari lordi» che vennero a Napoli da Maratea, mettendosi in società per esercitare la loro attività in una bottega dove entrambi avevano anche l’abitazione. Il contratto fu stipulato nel luglio del 1635 e sarebbe scaduto nel maggio dell’anno successivo; in esso fu stabilito che uno dei soci avrebbe portato come capitale della società una certa quantità di formaggi, lardo, prosciutti, per un valore di 34 ducati, mentre l’altro si sarebbe interessato esclusivamente della vendita di questi prodotti, aiutato da un garzone. Il guadagnato che sarebbe provenuto da questa attività commerciale si doveva dividere in due parti eguali».

I casedogli marateoti avevano anche la propria confraternita in paese, con sede nella chiesa di S. Francesco di Paola e dedicata a S. Carlo Borromeo.

La mente sempre a Maratea.

Oltre per ragioni commerciali (farsi spedire le materie prime, controllare i viaggi dal porto marateota a quello napoletano ecc.), i pizzicagnoli trapiantati a Napoli mantenevano sempre saldo il legame con Maratea.

Lo testimoniano le opere pubbliche e i monumenti che finanziarono in paese. Tuttora nella chiesa del Rosario diverse opere sono firmate dall’artista con la dicitura d’esser state finanziate dai casedogli di Maratea a Napoli.

Ma la più importante opera dei fuorisede marateoti, anche perché posta al centro del paese, è la colonna di S. Biagio. Questo monumentino venne inaugurato il 13 luglio 1758 e finanziato in larga parte dai pizzicagnoli di Maratea a Napoli.

La colonna durante la festa di maggio.

È la testimonianza più bella di coloro che la vita aveva portato lontano dalla terra natia ma che, col frutto del proprio lavoro e sacrificio, hanno voluto sfidare i secoli con una semplice ma sentita testimonianza del fatto che il mondo non è abbastanza grande da dimenticare le proprie radici.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

Potrebbero interessarti anche...