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Miracolo a Sant’Anna: storia di una chiesetta molto amata

Il 26 luglio è il giorno in cui la Chiesa ricorda i SS. Anna e Gioacchino, tradizionalmente identificati come i genitori di Maria di Nazareth.
Nel centro storico di Maratea, a pochi passi dal retro del Palazzo comunale, esiste una chiesetta dedicata a S. Anna. Tradizione vuole che sia stata la seconda chiesa, dopo quella di S. Vito, costruita dagli abitanti del Castello scesi a valle per formare il nuovo nucleo urbano.
Nel corso dei secoli, la chiesa, surclassata di importanza dalle nuove – come la Chiesa Madre, l’Annunziata, S. Pietro ora Immacolata, l’Addolorata – venne trascurata fino a diroccarsi.
Nell’Ottocento, però, accadde qualcosa di incredibile. La storia, divenuta leggenda, ci è stata tramandata dal Biagio Antonio Iannini (1865-1950), sacerdote di Maratea che fu parroco di S. Nicola Arcella (CS):

Due sorelle di S. Chirico Raparo che stavano nel monastero del Rosario, di santa vita e di perfetta osservanza monastica, una notte entrambe fecero un sogno misterioso. Sognarono di parlare con la Santa Benedetta, la quale disse loro le seguenti parole: «Figlie care, la mia antica casetta, nel paese di Maratea è andata in Rovina, e nessuno a più pensato a riattarla.
Io desidero che il mio nome sia venerato in tale paese perché amo immensamente tale popolo e voglio che il mio culto sia ripreso in mezzo a lui; per tale motivo desidero che voi domani, appena suonerà la sveglia, nel monastero, vi impongo di mettervi alle grate della finestra delle vostre celle che sporgono sul piano sottostante e chiamare il primo che passa per tale piano al parlatoio e comunicargli i miei desideri che a voi ho manifestati nel sogno di questa notte.» Le povere sorelle Virgallite, che tale era il loro cognome, appena svegliatesi comunicarono entrambe il sogno avuto e figuratevi quale stupore e meraviglia non destò tale sogno nei loro vergini cuori!
Effettivamente la mattina appena suonata la sveglia si posero alle grate delle finestre aspettando con ansia qualcuno che transitasse per di là.
Non passò molto tempo e comparve un giovine contadino che si avviava per quella località diretto ad un vicino podere per la coltura del terreno, costui aveva il nome di Giuseppe Ciciararo. Le suore come lo viddero lo chiamarono e lo invitarono a presentarsi al parlatorio del convento.
L’educato e bravo giovine subito si presentò da loro domandando il perché di quella chiamata.
Le suore dalla grata del parlatorio gli comunicarono il sogno avuto e gli raccomandarono caldamente che si fosse occupato seriamente di S. Anna benedetta.
Il Ciciararo dopo aver ascoltato la misteriosa narrazione, pieno di stupore disse a quelle sante suore: «Sorelle care, cosa posso fare io per S. Anna benedetta? Io sono un poverello, perché se fossi nato ricco avrei col mio proprio denaro rifatta quella cappelletta già ruinata, e l’avrei aperta un’altra volta al culto di S. Anna, ma voi sapete che vivo col sudore della fronte e le vostre raccomandazioni, con mio sommo dolore, non potranno riuscire a nulla.» Ciò dicendo prese commiato e andò via.
Strada facendo, il Ciciararo, soprannominato il Cantore, ruminava nella sua mente, alla fine io non commetto nessun delitto se domani, domenica, mi metterò in giro per la campagna manifestando al popolo i sogni fatti e se vogliono darmi qualche elemosina per riattare quella cappella già diruta ed aprirla novellamente al culto della Santa Benedetta; tale pensiero divenne realtà e la mattina della domenica seguente il povero Giuseppe il Cantore effettivamente si pose a girare raccontando i sogni e pregando tutti di voler rifare la Cappella di S. Anna benedetta.
I cittadini di Maratea a tale narrazione tutti incominciarono ad offrire a lui larghe elemosine di modo che il bravo Giuseppe, in breve tempo, con l’oblazione dei fedeli, mise all’opera.
In breve la cappella fu restaurata, fu benedetta e restituita al culto di S. Anna.
La divozione per tale Santa mise in gran movimento tutti i cittadini di Maratea, di modo che Giuseppe Ciciararo non solo con le elemosine ricevute potette riattare l’antica cappella diruta, quanto l’ampliò, procurò ad essa una ottima sacrestia, la anche il simulacro della Santa che ancora esiste in tale Chiesa.
In seguito vi procurò pure l’organo per le sacre funzioni, fece pure con l’elemosine raccolte a Napoli la statua di S. Gioacchino, vi stabilì dei legati, che ora per incuria sono andati perduti, ed ogni anno si celebrava la festa di S. Anna e S. Gioacchino con grande solennità e concorso di popolo.
Il Ciciararo per tali fatti, si procurò grande stima e fiducia presso tutto il popolo di Maratea e tutti pieni di fiducia davano elemosina nelle sue mani, sicuri che si spendevano esattamente per il culto dei santi.

Giuseppe Ciciararo o Ciceraro (1800-1886) da quel momento divenne un punto di riferimento per i fedeli di Maratea, che a lui affidavano le elemosine per far restaurare o tenere in ordine le chiese del territorio. Sempre a Ciceraro si dovette, poi, il restauro dell’eremo della Madonna degli Ulivi (o della Neve) e del monastero di S. Francesco di Paola.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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