Dopo un lungo silenzio
Il 7 agosto scorso è stata inaugurata la mostra “Bruno Innocenti e il Cristo Redentore di Maratea”. Rimasta fino a settembre inoltrato presso il nostro Palazzo De Lieto, venerdì prossimo approderà in una nuova sede a Matera dopo esser stata nelle scorse settimane in alto sito nella stessa città.
Questa mostra non ha rappresentato soltanto l’evento culturale più importante del 2022 per la nostra Città (come se questo già fosse poco). È stata anche il nuovo modello a cui ogni successiva iniziativa riguardo la storia e l’arte di Maratea dovranno ispirarsi d’ora in avanti.
Un silenzio lungo 57 anni.
Il nostro concittadino prof. Biagio Limongi aveva da tempo in progetto un grande lavoro organico sul Cristo Redentore. Grazie all’Associazione Amici di Maratea, instancabile sostenitrice di iniziative vòlte alla valorizzazione del nostro patrimonio, all’I.S.I.S. Giovanni Paolo II (in particolare al Liceo Artistico) e al Comune di Maratea, questo lavoro si è ora potuto concretizzare in una mostra ricca ed elegante. Un lavoro che riesce finalmente a saldare un debito che la Comunità di Maratea aveva nei confronti di un grande artista: Bruno Innocenti.
Per troppo tempo lo scultore è rimasto adombrato dall’ingombrante figura del suo committente. In un intervento su un giornale parrocchiale, Innocenti si descrisse come un uomo dal «naturale, abituale silenzio»: ecco, forse abbiamo dato fin troppo credito a queste parole, facendo durare questo silenzio ben 57 anni…!
Ora l’autore del nostro monumento più celebre può finalmente ricevere il plauso che merita. Il suo lavoro sul Cristo, durato almeno otto anni, non è soltanto la dimostrazione di un grande estro artistico, ma anche ingegneristico.
Proprio su questo aspetto insiste la mostra, che verte principalmente sulla progettazione dell’armatura interna del monumento, progettata con la collaborazione dell’ing. Luigi Musumeci.
Un modello per il futuro.
Dicevo che questa mostra deve essere un modello per iniziative future.
Mi riferisco al fatto che la mostra e il suo catalogo (una preziosa pubblicazione) sono state pensate e realizzate in maniera tale da rappresentare un’evidente rottura con la tradizione culturale che ha dominato Maratea negli ultimi decenni. Sono state infatti due le tendenze finora dominanti nelle iniziative nostrane – vuoi che fossero mostre, pubblicazioni a più mani o monografie.
La prima è quella che concerne un certo provincialismo, diffuso al punto da non poter essere ricondotta a soggetti particolari, che si è manifestato nel non aver mai veramente calato le emergenze storiche, architettoniche e artistiche (e a volte persino naturali e paesaggistiche) di Maratea in un contesto più ampio, così da potere, quando necessario, comprenderle e studiarle nella prospettiva più giusta per comprendere il valore che possono avere al di là dei nostri stretti confini.
Questa mostra supera brillantemente questo limite, aiutata anche dal fatto che il valore dei professionisti e artisti coinvolti nella costruzione del Cristo Redentore fosse già abbastanza noto, quantomeno a livello settoriale.
In particolare per Innocenti, i lavori del suo principale studioso, Marco Fagioli, avevano già chiarito come il Cristo di Maratea non fosse un’opera isolata, ma si inserisse in un segmento ben specifico della sua produzione.
«Tutto il gruppo degli Angeli di Innocenti, – scriveva Fagioli già nel 2006 – sembra coagularsi, compositivamente e simbolicamente, intorno alla statua del Cristo Redentore, alta ventidue metri, che lo scultore realizzò nel 1962 [si riferisce ai bozzetti, n.d.r.] e che domina dalla montagna il mare di Maratea. Invero i piccoli bozzetti del Cristo Redentore e poi il modello in scala quasi al naturale della statua colossale sono molto vicini anche iconograficamente alle figure degli Angeli: questo Cristo Redentore, senza aureola e a braccia alzate, ortogonali al torace a richiamare la forma della Croce, sembra un grande Angelo senza le ali. Il suo volto molto giovane, con una barba appena accennata sulla superficie delle gote, ma che non cresce rispetto al modellato della mandibola, è lontano dalla iconografia del barbuto Redentore dell’iconografia cattolica cara alla Controriforma e perdurante fino a tutto l’Ottocento. Il Cristo Redentore di Innocenti, con un volto in cui predomina il volume spazioso della fronte e del cranio, sembra guardare indietro a certe figure della iconografia paleocristiana e bizantina dei busti imberbi, e in avanti alle immagini di giovani Santi del Simbolismo francese, come in Puvis de Chavannes e Maurice Denis.»
La seconda tendenza è quella di aver finora inteso l’evento culturale da tenersi in estate (e quindi in piena stagione turistica) più che altro come una sola ricezione di opere e iniziative (vuoi mostre o presentazioni di libri) che finivano per rendere Maratea soltanto un palcoscenico, uno scenario di una produzione culturale a lei del tutto estranea. Iniziative ed opere queste senza dubbio importanti, che servono spessissimo a uscire dal pericolo di un ristagno culturale, ma che hanno finito anche per sommergere e oscurare ogni emergenza culturale, artistica e storica propria della Città.
Il fatto che la mostra “Bruno Innocenti e il Cristo Redentore di Maratea” sia stata pensata per girare l’Italia segna l’ideale passaggio al contrattacco rispetto a questa tendenza.
Una speranza.
La speranza è che questa mostra col tempo riesca anche nel far emergere la figura di Bruno Innocenti al di là degli esperti di settore e gli assegni il posto che merita tra gli scultori monumentali del Novecento italiano, magari riuscendo nel miracolo di fare entrare il suo nome nei manuali scolastici di Storia dell’Arte.