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Il 3 maggio di 328 anni nasceva la festa di S. Biagio

Era il 3 maggio 1695. Il sindaco e gli eletti di Maratea, riuniti nel santuario, chiesero e ottennero il permesso per una radicale riforma dell’antica festa di maggio in onore del patrono della Città. Questa, in breve, la storia di ciò che accadde esattamente 328 anni fa.

La festa antica.

In origine la festa che ricorda la traslazione delle reliquie del santo di Sebaste a Maratea cadeva nel sabato precedente alla prima domenica di maggio. Si teneva esclusivamente a Maratea Castello, dove i pellegrini si recavano a rendere omaggio al Sacro Torace di S. Biagio.

La processione di “S. Biagio per la Terra”. 

Non si sa bene quando cominciò a celebrarsi. Nel 1562, però, aveva raggiunto tale fama da attirare l’attenzione di Pio IV. Il pontefice concesse l’indulgenza plenaria a tutti coloro che si recavano a Maratea per la festa: da qui la celebrazione prese il nome di festa plenaria.

L’ultima sopravvivenza di questa festa è la processione che chiamiamo S. Biagio va per la Terra.

L’assedio dei briganti.

Il 21 maggio 1676 una banda di centosessanta briganti assalì la popolazione di Maratea Borgo. Dopo diverse ore di battaglia nelle vie della cittadina, i malfattori furono sopraffatti senza particolare perdite materiali e umane, eccezion fatta per l’assassinio di un patrizio locale, il signor Diego Mari, e il rapimento di quattro cittadini. Poi, però, questi ultimi ritornarono in paese, incolumi, attribuendo la loro salvezza a una apparizione del santo patrono:

«Dopo tre giorni però ritornarono, senza offesa veruna; – scrisse, traedo le notizie da una memoria coeva, Carmine Iannini (1774-1835) – [e dissero] che in tanto non erano stati uccisi, in quantocché que’ Scellerati, atterriti ne venivano, come dicevano, da un Vecchio venerando che vedevano ogni qual volta, il pensiero ne lo suggeriva: che lo stesso Vecchio, veduto avevano, con un bastone tra le mani, col quale gli perseguitava, e perciò si erano dati precipitosamente alla fuga: che nella notte immediatamente al Conflitto, avevano veduta anch’essi la montagna di S. Biase circondata di fuoco acceso, ed al risplendere delle fiamme un grosso Esercito.»

I fedeli del paese stabilirono di commemorare l’anniversario dell’evento con la processione di un cero, da tenersi, appunto, il 21 maggio di ogni anno, in segno di ringraziamento e devozione a San Biagio. Esistono tracce documentali della sopravvivenza di questa celebrazione fino agli ultimi decenni del XVII secolo, in seguito, anche a causa del successo della nuova festa, la tradizione si esaurì.

L’idea della festa moderna.

Qualche mese dopo il catastrofico terremoto dell’8 settembre 1694, che mieté migliaia di vittime nelle vicine province ma lasciò Maratea sostanzialmente illesa, i fedeli e il clero concepirono l’idea di una nuova e più grande celebrazione in onore del santo patrono.

La processione in paese.

Il sisma seicentesco fu visto come l’ultimo dei traumatici eventi che avevano turbato il Regno di Napoli in quello e nei secoli precedenti e da cui Maratea era stata miracolosamente preservata:

«Che Egli stesso abbia scelto questa Città per sua dimora, lo ha sempre dimostrato con infiniti miracoli. Difatti quando l’armata dei Francesi stava per mettere piede nella nostra fortezza, essendo addormentate le sentinelle, Egli che vegliava per noi, le destò dal profondo sonno, percuotendole nel viso a ceffate ad avvisandole così del pericolo le eccitò alla pugna. Di più, questo nostro mare coperto di navi Turche che minacciavano trarre tutti in misera schiavitù, il solo Biagio comandò ai venti e al mare, e, facendosi credere come seguito da un grosso esercito, volse in fuga il nemico respingendo la flotta. […]
Orribili terremoti scuotevano la terra e per ogni dove si levavano gemiti ed alte grida: tremò il regno, fu desolata la Sicilia, l’America meridionale fu privata di varie provincie, città illustri ebbero le mura e le fortezze adeguate al suolo. In quel tempo, mentre l’ira di Dio si era scatenata a punizione di tutti, inaspettatamente stillò il Sacro Umore, e, sudando il S. Martire per difendere la nostra causa presso il Giudice Eterno, con tali indizi manifesti, dimostrò di aver aggiudicata a sé la causa della nostra sicurezza e restammo incolumi. Soffiò di nuovo lo Spirito di Dio sulla terra, di nuovo scaturì la Sacra Manna, e, mentre dovunque traballava il suolo e le genti cadevano lungo le vie, tra noi non cadde nemmeno una pietra

La richiesta al vescovo di Cassano.

Riconoscendo nella intercessione celeste del santo Biagio la ragione di queste grazie, il pubblico parlamento di Maratea inferiore (cioè l’organo deliberativo di una delle due municipalità della cittadina) convocato dal sindaco Federico Riccio il 10 aprile 1695, stabilì di modificare la dinamica della festa, ampliandola con un nuovo momento:

«Il Sindaco ed Eletti della città di Maratea inferiore, a nome loro e di tutta la città e pubblico, in nome di tutti […] conchiusero doversi, ad onore del nostro potentissimo Protettore S. Biagio, stabilire in perpetuum una Processione solennissima colla Statua del Santo, da calarsi dal Castello di Maratea superiore il giorno antecedente alla Processione, collocandola in una di queste nostre chiese, per poi la Domenica seguente, portandola processionalmente per tutta questa città di Maratea inferiore, salirla nel Castello di Maratea superiore, obbligandosi di celebrare questa festa e processione solenne e generale del nostro Santo Protettore in ogni secolo […] coll’offerta di ogni anno in perpetuum di ducati dieci con sua torcetta al Santo in signum recognitionis et dominii

L’assenso del vescovo arrivò il 3 maggio successivo: lo stesso giorno tutti gli atti relativi alla nuova festa furono registrati in atto rogato dal notaio Giovan Pietro Lombardi (1659-1737). L’atto originale è perduto, ma il contenuto si è perpetrato integralmente anche perché, nel 1779, un fedele di Maratea lo diede alle stampe in forma di opuscolo: si può leggere qui.

Devozione e ostentazione.

Nella riforma della festa di maggio c’è qualcosa di più che un rinnovato spirito di devozione. È possibile anche individuarvi una affatto celata ostentazione del patriziato marateota, ormai da tempo stabilitosi per di più nella Maratea inferiore, che idealmente portava a sé il santo, nella forma del suo simulacro, togliendolo, anche se per pochi giorni, dalla dimora del santuario.

Infatti, se leggiamo i nomi di coloro che sottoscrissero, da amministratori, la deliberazione del 1695, troviamo molte coincidenze con coloro che, nel 1688, avevano fondato la confraternita di S. Pietro o dell’Immacolata, cioè la congregazione dei nobili del paese.

Quale edizione della festa sarà la prossima?

L’atto del 1695 fu epocale. La festa di S.Biagio di Maratea cambiò radicalmente forma: non più soltanto un pellegrinaggio al Castello, dove i fedeli si recavano dal santo, ma un momento di giubilo, dove il santo, rappresentato dalla sua statua, veniva incontro ai fedeli scendendo dal suo santuario.

Quella che comincerà il prossimo 6 maggio sarà quindi idealmente la 328esima edizione della festa. Scrivo idealmente perché, com’è fin troppo noto, almeno in una occasione, quella del 2020, la festa popolare non si poté celebrare per l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia della Malattia del Coronavirus-19.

La processione di “S. Biagio torna al Castello”.

È facile notare che sui manifesti e dépliant della festa, però, c’è un’altra data: si riporta che questa sarà la 347esima edizione. La discrepanza è dovuta al fatto che, da diversi anni, il Comitato Festa ha deciso di contare le edizioni a partire dalla processione del cero, considerata l’ideale antesignana della festa moderna.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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