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Ladri di asini

Quando accompagno un amico per la prima volta arrivato a Maratea, uno dei momenti che mi diverte di più è raccontargli la storia di Apprezzami l’Asino. È il nome di un particolare punto della costa – a essere più precisi un particolare tratto dell’antica mulattiera sulla costa – che ricorda un presunto episodio di storia… equina.

L’armu di Cersuta con la torre Apprezzami l’Asino. (foto: Calderano.it)

Lo riscropriamo con le parole di Federico Rossi, un maestro delle elementari vissuto a Maratea a fine XIX secolo:

Il tratto della costiera tra’ due villaggi, e propriamente dall’insenatura di Fiumicello ad Acquafredda, è frastagliato da alti monti, con contrafforti che si elevano a picco sul mare, gioghi sassosi, declivi immensi, forre inaccessibili, promontori giganteschi, balze orribili, burrati, dirupi, qua rientranti nel sinuoso pendio, là sporgenti ad emiciclo, e su que’ precipizi spaventevoli, a mezza costa, come linea aerea serpeggiante, un sentiero per cui passa timorosa la gente che dal comune centro deve recarsi a Cersuta ed Acquafredda, e in certi punti va proprio a picco da quell’altezza vertiginosa sul mare, tanto da far venire la pelle d’oca a chi, dal basso in barca, contempla il precipizio e i pericoli di chi cammina per quel così detto sentiero. Un punto si appella anche oggi Apprezzamilasino, ed è fama che lì dove l’angusto passo di pochi centimetri, mezzo roso dalle piogge, è posto tra le nubi e l’abisso sottostante e fa venire il capogiro, due bifolchi, incontratisi una volta con gli asini rispettivi, uno che veniva e il secondo che andava, e non potendo scostarsi per dar passaggio all’altro né far voltare gli animali per così riprendere la via fatta, convennero di apprezzare de’ due ciuchi quello che meno valeva, sicché, con una debole spinta fu questo slanciato nel vuoto, mentre l’altro proseguì a stento il suo cammino.

Il territorio di Maratea è ricco di storia e di storie. Un territorio “vissuto”, insomma: Apprezzami l’Asino n’è probabilmente solo l’esempio più eloquente. La toponomastica è quindi un importante patrimonio da preservare… e perfino da difendere da qualche improvvisato ladro di polli. O di asini.

Sapri, parva figura.
Nel maggio del 2012 un gruppo di volonterosi sapresi, amanti devoti della loro simpatica cittadina, rimisero a nuovo un antico sentiero che si stende, verso Maratea, a partire, grosso modo, da dove ora si ammolla il porto di Sapri. A partire da quella occasione, e in un piano di riordino della sentieristica saprese, quel tratto di passeggiata costiera si è iniziato a pubblicizzare con il nome di Apprezzami l’Asino.
Fin qui la cosa era solo strana. Magari un errore? Forse un curioso caso di omonimia?
Da lì a poco, la Pro-Loco di Sapri e altri siti promozionali hanno pubblicato testi come questo:

Prima della costruzione della strada statale Tirrena Inferiore – ci spiega la pro-loco saprese – l’unica via di comunicazione tra Sapri e Maratea era costituita da un esile quanto impervio sentiero che si chiamava “Apprezzami l’asino”. Nome curioso, che derivava dal fatto che quando in un punto particolarmente stretto del sentiero si incontravano due asini con i relativi conducenti, iniziava una estenuante trattativa per risolvere il problema. Gli asini non procedevano all’indietro e mancava anche lo spazio per potersi fare da parte. Allora si faceva una stima del carico e dell’animale di minor valore, si pattuiva un congruo indennizzo e la bestia meno pregiata ed il suo carico venivano comprate e seguivano la direzione vincitore della trattativa. Il sentiero per un tratto di circa due chilometri, nel territorio del comune di Sapri, è stato rifatto, ampliato e messo in sicurezza. Si parte dal porto di Sapri e si cammina quasi radenti al mare tra i profumi mediterranei del corbezzolo, del mirto, della ginestra, del lentisco, dell’erica e del rosmarino. Lo scenario che si offre al viandante ammalia in qualsiasi giorno dell’anno e con qualsiasi tempo.

Eh, no. Allora si tratta proprio di un caso di appropriazione indebita.
Certo non mi riferisco a corbezzoli, mirti, ginestre, lentischi, eriche e rosmarino, così come a tutta la bella compagnia della macchia mediterranea di cui anche la terra di Sapri è molto ricca.
Sapri è senz’altro una piccola gemma dei mari meridionali, tanto che non ci sarebbe neppure bisogno di inventarsi che questa definizione (“parva gemma maris inferi”) l’avesse scritta Cicerone in Dio-solo-sa quale opera. Per quanto possa sembrare furbo (tanto Cicerone ha scritto talmente tanto che è impossibile conoscere a menadito tutta la sua opera!) è in realtà molto stupido inventarsi di sana pianta citazioni storiche o rubacchiare leggende da altri paesi: così com’è facile appropriarsene è facile smascherarle… e la figura che si fa è pessima.

Ha senso che Sapri abbia un sentiero che si chiama Apprezzami l’Asino?
Il ragionamento fatto dall’autore o dagli autori del testo citato è semplice: Sapri può avere un sentiero chiamato Apprezzami l’Asino perché questo è il nome da attribuirsi a tutta la strada che da Maratea conduce alla cittadina campana.

Ragionamento semplice. Peccato solo non abbia senso.
La più antica menzione del toponimo a noi nota è negli ordini di costruzione delle torri costiere. In un bando della Regia Camera della Sommaria, organo fondamentale dell’organizzazione statale del Regno di Napoli, che porta la data del 21 maggio 1566 si dice che «le Turre che se hanno da fare sono le infrascritte: […] La Torre de Salandro da accomodarsi, la Torre del Crivo, la Torre del Asino da accomodarsi, la Torre de Maratea, la Torre de Caja […].»
Se la torre de Maratea è molto probabilmente quella che ora chiamiamo Torre di Filocaio, cioè quella vicino al nostro Porto, le altre sono facilmente individuabili. L’unica altra nominata che ha cambiato nome è la torre de Salandro, in territorio proprio di Sapri, che ora si chiama Torre di Mezzanotte.

Questa sequenza di torri (ordinate nel senso nord-sud) è ribadita e aggiornata con le nuove torri aggiunte dopo nelle carte geografiche del Regno di Napoli. Una su tutte, quella di Giovanni Rizzi Zannoni del 1769.

La costa nord di Maratea in una carta del 1769.

La sequenza toponomastica nella carta, da Sapri verso Maratea, è questa:

Torre di Capo Bianco > Torre di Scialandro > Torre delle Grive > Acquafredda > Torre dell’Acqua Fredda > Torre Presso Melasino > il Fiumicello > Torre Santa Venere

Se Apprezzami l’Asino è il nome di tutta la strada che da Sapri viene verso Maratea e viceversa, come mai sia nei documenti del XVI che nella carta del XVIII secolo il toponimo è localizzato in un preciso punto della costa tanto da dare il nome a una, e soltanto a una, particolare torre costiera? E ancora, come mai esistono altri toponimi, sia nel territorio saprese che in quello marateota, per indicare i vari tratti di costa?
Se potessimo confrontare i dati dei Catasti Generali del 1753 di Sapri e Maratea scopriremmo l’intera serie toponomastica costiera. Per quanto riguarda la costa marateota abbiamo, da nord a sud, giusto per citarne qualcuno: Mezzanotte, Crivi, Pedistiddu, Acquafredda, Marizzi, Cersuta, Apprezzami l’Asino e Ogliastro. Nessuno di questi però designa l’intera strada costiera.
Per di più, l’esistenza di una strada costiera che collegasse in antico Maratea e Sapri è abbastanza dubbia. Dai vari resoconti della morte di Costabile Carducci (4 luglio 1848) sappiamo che il tratto di costa tra Acquafredda a Sapri era impercorribile e si andava o via mare o lungo il sentiero montano che passa per la Fontana della Spina.

Erano giovani e forti.
La cittadina di Sapri è giovane, ha una storia relativamente recente. Fino al 1810 non costituiva neppure comune, era una frazione di Torraca. (Ma neppure questa notizia, sulla elevazione a comune autonomo, è certa. La trovo su un sito web: ma del decreto regio di cui si parla, datato 6 novembre 1809 e applicato il 1° gennaio successivo, nelle raccolte ufficiali delle leggi del Regno di Napoli non c’è…!).

Com’è noto, Sapri ha costruito la sua identità storica su un altro evento. Camminando per la cittadina non fate che scontrarvi contro un ricordo, un cimelio, una statua, una targa che ricorda Carlo Pisacane. Ma questa storia viene raccontata ricordando sempre solo sottovoce che coloro che massacrarono i suoi compagni nel 1857 erano i bis-nonni di quelli che eressero i monumenti nel Ventennio fascista…

Allora non deve sorprendere che Sapri stia cercando di allargare un po’ il suo ventaglio identitario. Se Pisacane può imbarazzare, ci si inventa un passo di Cicerone condito con qualche leggenda folkloristica presa in prestito da Maratea. D’altra parte, noi siamo abbastanza generosi: sono decine di anni che a Tortora si vendono cartoline con le foto delle nostre spiagge e sulla superstrada Praia a Mare-Scalea un cartello turistico segnala a Praia il castello di Castrocucco…!

La stupidità del gesto però è evidente. Sapri è una piccola gemma dei mari del sud, senza dubbio, e dovrebbe cercare la sua strada senza rubacchiare qua e là brandelli di fama e di storia. Pian piano ci riuscirà con le sue forze. Intanto, meglio non fare i ladri di asini e le figure da polli… o no, aspettate, forse è il contrario?

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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