Le mura di Maratea Castello: una sfida per il futuro.
Gli storici cittadini sono concordi nel dire che le mura di cinta dell’antica Maratea Castello furono interamente abbattute nel 1806 dai soldati napoleonici al termine di un lungo assedio. Ciò è falso. Non soltanto un lungo tratto di mura esiste ancora, ma questo è stato anche già restaurato oltre trent’anni fa.
La storia delle mura di Maratea.
L’antica Maratea sita sulla cima del monte San Biagio era detta Castello perché fortificata. Le abitazioni erano difese in parte per la naturale conformazione della montagna e in parte grazie a un’opera di fortificazione che raccordava i dirupi rocciosi della vetta. Giovambattista Pacichelli (1634-1683) la descrive come «chiusa con mura mille passi, e munita d’inespugnabili bastioni, e vari pezzi di artiglieria, con due porte, esposta alla furia de’ venti».
Non abbiamo idea di quando la vecchia Maratea venne circondata di mura. Secondo Giovanni Antonini (1683-1765), che le descrisse nel Settecento, le mura risalirebbero al X secolo. In realtà, essendosi succeduti interventi di manutenzione e ricostruzione, non è possibile ricostruire l’aspetto o l’architettura originale per determinare con certezza l’epoca della costruzione.
La più antica menzione della vecchia Maratea quale fortezza risale all’epoca di Federico II di Svevia (1194-1250). Nello Statuto de reparatione castrorum (un inventario delle fortezze del Regno di Sicilia) la manutenzione del «castrum Maractie» venne demandata agli «homines Maractie, Bianelli (Viggianello), Rotunde Vallis Layni (Rotonda), Castellucci, Lorie (Lauria), Ayete, Turture, Castricucti, Pappasideri et Avene» (Avena).
Un primo accertato intervento manutentivo, se non di ricostruzione delle strutture ex novo, risale al 1344. Da una fonte finora sconosciuta alla storiografia cittadina, da me recuperata in una biblioteca di Roma, in quell’anno la regina Giovanna I d’Angiò (1326-1382) ordinò al castellano di Maratea delle riparazioni, giustificate «quod dictum Castrum est in maritima situatum».
Un più radicale intervento fu quello del 1562. Per interessamento della Confraternita di S. Biagio, e con la benedizione di papa Pio IV (1499-1565), «conoscendo, che il tempio, ove riposano i gloriosi corpi di S. Biagio, e di S. Macario Eremita, per la vicinanza al mare, era esposto alle rapine dei turchi corsari, quello con dispendio non ordinario fortificarono, circondando di mura la sommità del monte, ove il santuario si venera».
Le mura di Maratea Castello vennero manutenute durante il XVII e forse fino a metà XVIII secolo. Poi la fortezza perse d’importanza, tanto che nel 1795 Ferdinando IV di Borbone (1751-1825) ordinò di prelevare i cannoni che la difendevano e trasportarli dove potevano essere più utili.
Alla fine di quel secolo Domenico Lebotti (1729-1797), parroco del santuario, scriveva che le mura apparivano «in buona parte distrutte per la voracità del tempo». Alessandro Mandarini (1762-1820), avendo scelto la cima del monte per opporsi ai napoleonici, dovette spendere molto denaro per riattarle alla meglio. Ma fu fatica sprecata: chiusa la sua resistenza nel dicembre 1806, i francesi abbatterono la stragrande parte del circuito murario.
Le mura sopravvissute.
Ma i napoleonici abbatterono solo quanto delle mura poteva effettivamente rappresentare un problema in eventuali nuove insurrezioni. Di fatto, si limitarono ad abbattere il tratto murario meridionale, le due porte di accesso e un paio di case-torri costruite di fronte il santuario di S. Biagio. Il grande bastione a nord rimase pressoché intatto. I francesi non si sprecarono ad abbattere anche questo perché, com’è ovvio, in assenza del resto delle fortificazioni esso non poteva servire ad alcuno scopo bellico.
Le mura sopravvissute corrono al di sotto del santuario e giungono fino al sito di Porta dei Carpini, che si trovava grossomodo a metà strada del viale che conduce al Redentore di Bruno Innocenti. Al margine ovest del bastione c’è una graziosa torretta merlata. Poi il circuito di ronda sale, seguendo il percorso dei costoni del monte, in direzione della cima.
Questo tratto venne restaurato nel 1986 per interessamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali nell’ambito del progetto Memorabilia. Ma, come gran parte delle opere interessate sul territorio nazionale, venne abbandonato al naufragio del progetto stesso.
La sfida per il futuro.
Con nostro grande sollievo, abbiamo visto che la stagione estiva 2020 non è stata l’ecatombe economica che noi tutti, e più ancora i nostri concittadini operatori turistici, temevano. La pandemia della Malattia da Coronavirus-19 è sembrata voler graziare il turismo balneare!
Ciò non deve farci dimenticare il grande obiettivo dell’economia turistica di Maratea: la destagionalizzazione. Un obiettivo finora perseguito con idea e attività – mi assumo le responsabilità di scrivere – veramente molto ingenui. Fino a qualche anno fa si parlava molto di grandi attrattori, cioè di iniziative volte a creare strutture o eventi molto costosi, ideati dai nostrani politici sempre alla caccia di nuova clientela e che finiscono per fare la felicità di spregiudicati appaltatori non sempre trasparenti.
Le crisi economiche del decennio e i loro strascichi hanno inevitabilmente finito per limitare questo flusso di denaro, per cui ora anche questo segmento di spesa pubblica sembra ristagnare. È allora forse il momento buono per riscoprire genuini attrattori che già abbiamo (quasi) belli e pronti.
A interessarsi delle mura di Maratea Castello ci aveva pensato il Forum delle Associazioni di Maratea, che nell’assemblea del 16 settembre 2019 aveva deliberato all’unanimità l’intento di lavorare per renderle visitabili entro il 2020. L’occasione era quella del 200esimo anniversario della morte di Mandarini. Il lavoro da farsi è davvero di poco conto: un migliaio di euro di spesa per un cordolo di staccionata e smussare una discesa, niente di più. Ma la perdurante pandemia e le sue conseguenze economiche e sociali, però, hanno bloccato anche questa attività.
Riusciremo nel futuro prossimo a vedere quest’opera completata?
La sfida è aperta e gli attori politici, civili e turistici – così come i singoli cittadini – sono tutti chiamati a rispondere.