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Maratea e S. Biagio: una storia di libri

I libri su S. Biagio pubblicati a Maratea negli ultimi trecento anni circa sono stati almeno una decina.

Sembra che quella tra i marateoti e il loro santo patrono sia una storia di amore e devozione che è passata – e passa tutt’ora – anche attraverso i libri.

La festa di S. Biagio del 1932.

Questa storia non riguarda solo la religione. Rileggendo come autori nati a Maratea (o comunque legati a Maratea) hanno scritto del santo patrono e delle forme devozionali a lui dedicate possiamo scoprire momenti e spaccati di vita della comunità.

Anche per ciò, in questo articolo ripercorriamo sinteticamente le pubblicazioni sopravvissute nelle biblioteche d’Italia e del mondo.

A teatro.

La più antica opera letteraria di cui abbiamo notizia è un testo teatrale. Si intitolava Il trionfo della fede, ossia il Martirio di San Biase. L’autore purtroppo ci è ignoto. È inedita e in gran parte perduta e dovrebbe risalire alla fine del XVII o all’inizio del XVIII secolo.

Quest’opera ebbe un grande successo tra i marateoti dell’epoca. Gli unici versi superstiti dell’opera vennero trascritti in un documento dell’archivio parrocchiale da Gaetano Ventapane, rettore del santuario tra il 1720 e il 1745.

Dall’antica Città di Velia distrutta
Poce [sic] leghe distante in Riva al Mare
Ove al Settentrione termina il Lido
La Calabria felice
Erge sassaso Monte altero il Capo
Quasi à toccar col Sole, à cui rend’ombra
Prima tra gl’altri che le stanno in giro
Coronata di mura ha la cervice
Che fan mobilitade [sic] in cui primate
Par che le baci e che l’adori
Onde sembrando ella
la Dea del Mare, Maradea [sic] s’appella

Il successo dell’opera nell’immaginario collettivo è percepibile: ancora oggi è circolante l’interpretazione filologica del nome Maratea quale dea del mare che pare nascere proprio qui!

È invece scomparsa l’attribuzione di maternità di Maratea da Velia, colonia magnogreca ancora non ben localizzata nel Settecento. Ulteriori ricerche, se saranno fortunate, esploreranno la questione. Ma è pur sempre un dato riguardo quella che era, all’epoca dell’opera, l’autopercezione dei marateoti nella Storia.

La leggenda delle reliquie.

Nel 1728 il sacerdote Paolo D’Alitti (1676-1728) diede alle stampe il suo Della vita e del martirio di San Biagio. Il testo è stato introvabile fino al 2007, quando è stato riedito per i tipi dell’Istituto Grafico Editoriale Italiano di Napoli. L’opera è divisa in due parti, la prima riguardo l’agiografia del santo e la seconda concentrata sul culto che gli si presta a Maratea.

La riedizione del libro di D’Alitti.

In questo libro si trova la prima versione ampia e sviluppata della leggenda, tutt’ora diffusa, dell’arrivo delle reliquie del santo armeno su di una nave che si sarebbe fermata di fronte Maratea. Si segnalano anche interessanti notizie sulla storia del santuario e della Regia Cappella.

A dire il vero, una precedente menzione della leggenda era già contenuta nel rogito del 1695 con cui venne istituita la moderna festa patronale. Ma questo documento venne dato alle stampe solo nel 1779 in opuscolo intitolato Sprono verso la maggiore e vera devozione verso il glorioso vescovo, ed invitto martire San Biaggio acerrimo difensore della Regia, e Fedelissima Città di Maratea. Per interi secoli rimasto introvabile, da quest’anno si può leggere e scaricare da questo link.

Anni dopo, nel 1790, arrivò la seconda monografia. Venne scritta da Domenico Lebotti (1729-1797), parroco e rettore del santuario, e intitolata Storia della vita, virtù e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire principale Padrone della Città di Maratea, e Diocesi di Cassano. Anche Lebotti usa la bipartizione di D’Alitti. Nella seconda parte si segnala la più bella e corposa versione letteraria della leggenda della traslazione delle reliquie. Sfortunatamente questo libro è praticamente introvabile negli istituti pubblici (persino la biblioteca del Centro Culturale di Maratea ne difetta) e meriterebbe pertanto una riedizione.

Il manoscritto di Carmine Iannini.

Giunto a Maratea per prendere possesso della parrocchia di S. Biagio nel 1804, il sacerdote napoletano (ma di genitori marateoti) Carmine Iannini (1774-1835) si dedicò per gli ultimi sei anni della sua vita alla stesura del suo Di San Biase e di Maratea. Discorso Istorico.

A prima vista l’opera di Iannini non si discosta troppo da quelle di D’Alitti e Lebotti. La bipartizione delle parti è identica. Ma le similitudini, in fondo, finiscono qui.

La copertina dell’edizione a stampa del lavoro di Iannini.

L’agiografia del santo è molto romanzata, in termini di scrittura, quando non di contenuto. Iannini è l’unico – a mia conoscenza, quanto meno – a scrivere che in realtà il vescovo sebasteno si chiamasse Marco Pupio. Al di là di ciò, Iannini sfrutta gli episodi della vita del santo per esplorare, con la sua non comune cultura, aspetti della teologia e della dottrina cristiana, anche collocandoli nell’epoca dei fatti.

La seconda parte è dedicata tutta a Maratea e alla sua chiesa. La storia della città è molto più ampia e viene riletta nell’ottica del patrocinio costante del santo. Oltre alle tante interessanti notizie che Iannini fornisce sulla Maratea della sua epoca, si segnala il dettagliato racconto che il curato fa dell’assedio dei banditi del 1676. Purtroppo non è chiara la fonte da cui attinse, come del resto non solo note le fonti di molte altre informazioni qui contenute.

La rilettura delle vicende di Maratea alla luce della devozione per il santo e il tentativo di stendere la storia dell’evoluzione della comunità marateota sono un contributo assolutamente originale di Iannini, il cui lavoro influenzerà tutti gli autori successivi. Infatti, nonostante il manoscritto sia tornato alla luce solo nel 1985, delle copie circolarono tra gli eruditi di Maratea sin dal XIX: ne sono prova le numerose citazioni che si trovano nei libri successivi alla stesura e precedenti alla pubblicazione.

I Cenni ottocenteschi.

Al XIX secolo risalgono anche altre due pubblicazioni.

La prima porta la firma di Pietro Mazzei-Lieto, che fu perseguitato politico nel 1848 e garibaldino, con suo figlio Carlo, nel 1860. Nel 1858 raccolse alcuni dei suoi articoli apparsi sul giornale letterario napoletano La Rondinella e li pubblicò con il titolo di Cenno sulla traslazione del Sacro Torace del Martire e Vescovo di Sebaste San Biagio nella città di Maratea in Basilicata. Il volumetto consta di poche pagine e si segnala per qualche accenno agli interventi fatti alla chiesa in quegli anni. L’opera può essere letta integralmente in questa pagina.

Pochi anni dopo, ma dopo l’Unità d’Italia, fu la volta del Cenno intorno alla traslazione del sacro torace del vescovo e martire San Biagio e del corpo di San Macario in Maratea superiore composto dal parroco e rettore Gennaro Buraglia (1831-1921). La prima edizione venne pubblicata a Lerida, in Spagna, nel 1864.

Questo volumetto, seppure di poche pagine, è molto importate. Buraglia si appropriò di molte congetture storiche formulate da Iannini nel suo manoscritto – allora ancora ufficialmente inedito – e fissò nell’immaginario della comunità la data del 732 come quella dell’arrivo delle reliquie. Questa data, congetturata come plausibile e probabile da Iannini in una lunga ricostruzione storica, viene da Buraglia ritenuta come pressoché certa. Buraglia fu parroco per ben sessantasei anni, avendo quindi tutto il tempo di cementare nella comunità questa data, tanto che nel 1932 si celebrò il presunto 1200esimo anniversario della traslazione.

Le opere recenti.

Domenico Damiano.

Nel 1928 il nuovo parroco del santuario, Domenico Damiano (1891-1969), diede alle stampe il suo San Biagio a Sebaste ed a Maratea. Il libricino si inserisce nella tradizione ormai consolidata di agiografia e notizie sul culto marateota. Non ha particolari motivi d’interesse se non la bella prosa di Damiano. Può leggersi integralmente online grazie alla digitalizzazione fatta alla Biblioteca Nazionale di Potenza: qui il link.

Nel 1954 lo stesso autore riassunse i tratti fondamentali dell’opera, insieme con la raccolta di vari articoli a sua firma sul bollettino parrocchiale, nel libro Maratea nella storia e nella luce della fede, che ebbe anche altre due edizioni ampliate nel 1961 e 1965.

Nel 1970 venne edito il saggio storico S. Biagio di Sebaste vescovo e martire patrono di Maratea, composto da Gaetano Drago, sul quale non mi esprimo, non avendolo mai letto.

Ultime in ordine di tempo, due pubblicazioni ancora disponili all’acquisto: San Biagio a Maratea, Vescovo e Martire di Sebaste, patrono e protettore della città di Maratea, del 2010, scritto da José M. Cernicchiaro (1949-2010) e Tina Polisciano, e Divo Blasio. Ricerche storiche e sociologiche sul culto di S. Biagio a Maratea composto qualche mese fa da chi scrive questo articolo.

Il primo si segnala per aver portato all’attenzione degli studiosi marateoti i risultati delle ricerche a Sebaste (oggi Sivas) del prof. Armand Tchouhadjian. Inoltre, il libro di Cernicchiaro e Polisciano è oggi l’unico accesso alle notizie contenute in un perduto registro della confraternita di S. Biagio, poi sfortunatamente e scomparso dall’archivio parrocchiale.

Il secondo, che si elenca per mera cronaca, è un tentativo di analizzare il culto marateota, più che la vita del santo, nella loro evoluzione storica e sociologica. Contiene notizie inedite sulla formazione del busto argenteo del santo.

E la storia continuerà.

Una decina di titoli in trecento anni. Staticamente, uno ogni trent’anni. È curioso il fatto che pare che ogni generazione di marateoti senta il bisogno di scrivere e fare il punto sulla relazione della comunità di Maratea e il suo santo patrono. Una tendenza che certamente continuerà nel futuro.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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