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Quando Giorgio Bassani diede del fascista al Cristo di Maratea

Ebbene sì. Il nostro mondo è abbastanza vario perché uno scrittore di fama possa dar del fascista a una statua.

Giorgio Bassani e Maratea.

Tra il 10 e il 20 agosto 2012 si tenne a Maratea un convegno con mostra dal titolo Giorgio Bassani. Due città nel cuore: Ferrara e Maratea. Bisogna dirlo onestamente: l’evento non fu memorabile. Personalmente ricordo solo l’aperitivo offerto, nel pomeriggio del 12 agosto, nel bellissimo giardino della villa che fu di Bassani, a cui partecipai – pur non essendo stato invitato – solo dietro le insistenze dell’amico Mario Di Trani, all’epoca sindaco di Maratea.

Tempo fa l’avv. Emanuele Labanchi scrisse un articolo su questo convegno e sul rapporto tra Bassani e Maratea.

Il giardino della casa di Bassani in una foto d’epoca.

Come accade quasi obbligatoriamente in questi casi nella nostra Italia, l’evento fu pensato e condotto tenendo al massimo il livello di retorica. Certo, se Bassani volle comprar casa a Maratea dovette senza dubbio apprezzare il nostro paese. Ma addirittura tenerla in pari conto con Ferrara, come il titolo dell’evento lascia intendere, è un’esagerazione che neppure il più becero campanilismo può giustificare.

Le parole sul Cristo di Bruno Innocenti.

In realtà, Bassani ebbe un rapporto qualche volta complicato con la popolazione marateota. Un aspetto interessante che magari altra volta tratterò. L’aneddoto al centro dell’articolo di oggi invece è più che mai curioso.

Nel 1967 Bassani scrisse un commento sulla statua del Redentore di Bruno Innocenti per una guida sulle Coste d’Italia dal Gargano al Tevere.

Bassani scrisse: «il Cristo del monte San Biagio, a guardarlo per quello che è veramente, nella sua realtà effettuale, se qualcosa esprime non esprime nulla che abbia a che fare con la redenzione della gente del nostro povero Mezzogiorno. Grosso, massiccio, gessoso, aeronautico, sudamericano non riesce, essenzialmente, che a deturpare il paesaggio. Il monte San Biagio, su cui si erge, è ridotto da esso, per totale assenza di termini di confronto, a un sasso da niente, ad una specie di altarino da uso domestico. Guardiamolo serenamente, attenendoci ai criteri della pura visibilità: e non ci sarà difficile riconoscerlo per fratello di tante altre statue del tempo fascista, appena appena camuffato, com’è, dall’atteggiamento gigionescamente serafico, d’un detentore del cattolicesimo».

Vista frontale della scultura di Innocenti.

Difficile comprendere come Bassani sia arrivato a etichettare l’opera di Innocenti come una scultura “fascista”, qualunque cosa quest’aggettivo possa voler dire nella storia dell’arte. Forse, bisogna pensare che il giudizio fosse viziato da preconcetti sul suo committente, il conte Stefano Rivetti.

Nella nostra Italia troppo spesso essere un intellettuale è inteso come l’essere un critico a tutti i costi. Un atteggiamento tanto diffuso quanto lesivo, e che, poco avendo a che fare con la critica d’arte, riesce solo a far fare una pessima figura anche ad un grande letterato!

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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