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Se non si chiamano così, perché c’è scritto “Spiaggia Nera” e “Macarro”?

Quello di Maratea è un territorio molto “vissuto”. La costa, in particolare, è stata per secoli l’unico scalo marittimo della Basilicata. Ciò ha determinato l’esigenza di tessere una ricca toponomastica.

Fino ai primi anni del XX secolo la toponomastica terrestre era tenuta in vita dall’esigenza di ricordare e determinare i confini dei vari poderi agricoli. Quella costiera è sopravvissuta ancor più a lungo nella memoria collettiva grazie agli uomini di mare e allo sviluppo del turismo balneare.

Tuttavia, quest’ultimo ha avuto anche un altro effetto. Per andare incontro a stimoli di mercato o di moda, alcuni toponimi di spiagge marateote sono stati stravolti o, addirittura, radicalmente cambiati. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una controtendenza: per venire incontro a questa riassumo in quest’articolo i principali e più diffusi errori toponomastici riguardo le spiagge di Maratea.

Le spiagge dal nome sbagliato.

Le spiagge che prenderò in esame sono quelle:

Marina Grande e Marina Piccola

Nella seconda metà degli anni ’90, a qualcuno venne in mente la patetica idea di creare un accostamento tra Marina di Maratea e Capri.

La Scala.

Si chiamano rispettivamente Santa Teresa (nome fortunatamente ripristinato in tutte le sedi) e la Scala, ma quest’ultima è oggi più diffusamente chiamata – nelle guide e nelle carte – Calaficarra, che più che altro è il nome della zona.

Già da diversi anni i nomi reali sono stati ripristinati nelle carte turistiche e nella segnaletica stradale.

Setteponti  

Vengono così chiamate, in qualche guida o cartina, le tre spiaggette di Mpede U Citru, l’Abissu e Ricciulilla (o Ricculina). Il nome Setteponti appartiene alla zona a monte, dove si trova l’antico ponte della ferrovia, costruito nel 1890, con sette fornici.

L’Abissu.

Oggi la prima di queste spiagge è chiamata anche Cala del Citro, che in realtà è il nome del ristorante postovi al di sopra.

Spiaggia del Macarro

In realtà si chiama Cala Grande o altrimenti Cala di Don Nicola. Deriva il toponimo dal fatto che è la più grande delle cale della zona, mentre l’altro viene dal nome di Don Nicola Calderano, antico proprietario dell’arenile.

L’attribuzione, particolarmente grave, del toponimo «Macarro» è precedente alle altre, e nacque negli anni ’70 per opera della neonata Azienda di Promozione Turistica. Da racconti orali di alcuni anziani, so che quando si trattò di confezionare i primi depliant illustrativi su Maratea, vennero intervistate parecchie persone per conoscere il nome della spiaggia, ma dato che i due toponimi autentici non piacquero (!!) venne usato il nome Macarro, toponimo che indica quel boschetto dove sorge l’antico frantoio della famiglia Panza, attraversato dalla SS 18 dopo la zona S. Giuseppe (dove ci sono le grotte di Marina) e poco prima dell’inizio della frazione, venendo da nord, perché ritenuto commerciale e più orecchiabile per i villeggianti a caccia dell’esotico.

Cala Grande.

Il vero nome della spiaggia fatica a tornare nelle carte e nei segnali, nonostante nel 2017 il Comune di Maratea abbia ripristinato il nome Cala di don Nicola nella nomenclatura catastale ufficiale.

Particolarmente grave è questo falso toponimo, perché se è vero che Macarro è il legittimo nome di uno dei due stabilimenti balneari della spiaggia, dare questo nome alla spiaggia non solo offende la storia di un territorio  ma priva un’altra zona del suo nome. Tanto è vero che quando, pochi anni fa, l’Anas impiantò i cartelli stradali blu e bianchi per segnalare i ponti sulla statale 18, quello per il ponte del Macarro (il primo prima di entrare a Marina venendo da nord) non fu piantato, perché avrebbe confuso le idee a chi erroneamente attribuisce il nome alla spiaggia!

In più, qualche pessimo ricercatore di storia locale ha provato a razionalizzare l’attribuzione del nome Macarro alla spiaggia con una derivazione etimologica da Macario, santo eremita le cui ossa sono conservate nel santuario di Maratea. Ovviamente, non c’è prova documentaria di tale derivazione, peraltro etimologicamente (quantomeno) strana.  Della serie: mai limite al peggio.

Spiaggia di Santo Janni

Si chiama Cala Vecchia o anche Cala della Vecchia. Deriva il toponimo dall’anziana proprietaria, che un tempo deteneva questo arenile. Il falso toponimo nacque dopo l’edificazione del disco-night “Santo Janni”, posto proprio sopra la spiaggia.

Illicini

In realtà si scrive Ilicini con una sola “l”,  in dialetto significa piccolo leccio (dal latino “ilex”, che significa «elce».)

Quando venne qui stabilita un’attività turistica, il cartello venne scritto con due “l”, frutto di un errore di comprensione a causa della geminazione consonantica, cioè l’abitudine di pronunciare certe parole con le doppie anche quando non ci sono (tipo: Eboli, Roberto, ecc.)

Spiaggia Nera

Si chiama Cala Jannita, nome che deriva dal fatto che l’isola di Santo Janni si affaccia proprio di fronte alla spiaggia. Il suo vero nome si era conservato almeno fino al 1980 (infatti è chiamata Cala Jannita nel famoso libro Conoscere Maratea: guida storico-turistica edito in quell’anno). Il nome di Spiaggia Nera è quello del principale suo stabilimento balneare, e fu trasferito alla spiaggia nella fantasia collettiva quando furono confezionati.

Cala Jannita.

Il nome di Cala Jannita è da qualche tempo tornato nelle cartine topografiche e nelle guide turistiche, anche grazie al lodevole impegno della proprietà del lido Spiaggia Nera.

Perché proprio queste spiagge?

Il lettore più attento avrà già notato che tutte le spiagge con i nomi sbagliati sono comprese nella fascia di costa che da Filocaio scende a Marina. Ciò non è un caso.

La frazione Marina di Maratea è nata nella seconda metà del XX sec. Prima era solo una selvaggia distesa di vegetazione con qualche sporadica casa rurale, munita spesso di frantoio per macinare le numerose olive dei dintorni. Essendo scarsamente abitata prima dell’epoca “rivettiana” (1953-1964) e dell’epoca del boom turistico (anni ’70 e primi ’80), la zona non ha avuto il tempo di fissare la sua identità, storica e toponomastica, nella memoria popolare dei suoi abitanti.

La scarsa attenzione di quegli anni nel preservare la propria cultura e memoria storica ha portato ad una commercializzazione del nostro territorio, oggi efficacemente contrastata da iniziative portate avanti su molti fronti da più persone, romanticamente innamorate di Maratea e della sua tradizione.

Come rimediare?

Tralasciando ogni commento su quella risibile retorica che vorrebbe accettare i “nuovi” nomi come naturale evoluzione della toponomastica – un qualcosa di assurdo, poiché la toponomastica si evolve all’evoluzione del territorio, e mai per null’altro – bisogna tenere presente che:

1) nello statuto municipale di Maratea, all’art. 4 comma 4, è stabilito che «la modifica della denominazione delle contrade e frazioni può essere disposta dal consiglio previa consultazione popolare». Posso assicurare, alla luce della mia esperienza di ricercatore nell’archivio comunale, che mai nulla di tutto questo fu fatto per queste spiagge. Anzi, nel 2017, i nomi corretti sono stati inseriti nel Catasto comunale nell’ultimo suo aggiornamento;

2) i principali errori riguardano le spiagge Cala Jannita e Cala Grande, nomi sostituiti da nomi di lidi lì presenti. Per ripristinare i nomi corretti senza generare, quantomeno dapprincipio, confusione, si potrebbe pensare di sostituire nella segnaletica stradale il cartello geografico (fondo marrone) con quello turistico/commerciale (fondo giallo) così da lasciare i nomi Spiaggia Nera e Macarro nei cartelli sulla SS 18,  e poi indicare in sito il nome della spiaggia. 

Da circa dieci anni, grazie a internet, abbiamo visto rifiorire la corretta toponomastica della costiera di Maratea. Gran parte del merito è di giovani, studiosi e grafici, che hanno realizzato bellissime mappe e infografiche. A loro va il nostro ringraziamento e l’augurio che quello sforzo non vada perso.

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.