I nomi dei caduti nell’assedio di Maratea del 1806
L’assedio mosso dall’esercito napoleonico al Castello di Maratea è il più noto evento della nostra Storia. Gli storici marateoti e non solo hanno raccontato gli eventi dei sette giorni in cui, nel dicembre 1806, gli uomini al comando di Alessandro Mandarini tennero testa a migliaia di francesi agli ordini di Jean Maximilien Lamarque. Tuttavia, solo dal 2016 si conoscono i nomi di coloro che, tra gli assediati, persero la vita in quei giorni.
Storia e propaganda.
Eventi come l’assedio di Maratea del 1806 nascondono insidie per lo storico. La resistenza di una banda di irregolari, fedele allo spodestato sovrano di Napoli, poi restaurato sul suo trono dieci anni dopo, è il prototipo di evento che gli storici di corte amano romanzare per la propaganda della casa regnante. L’assedio di Maratea non fece eccezione.
Ecco quindi che, già pochi anni dopo i fatti, gli storici napoletani esagerarono le conseguenze dell’assedio in termini di vite umane. Valga per tutti quanto scrisse Giacinto De’ Sivo (1814-1867), forse il più esaltato scrittore filoborbonico, che nella sua Storia delle Due Sicilie scrisse che i soldati del Lamarque avrebbero avuto ordine di «pigliar d’assalto Maratea, e darle il sacco, e bruttarla di sangue e supplizii».
Lo storico coscienzioso deve perciò valutare con attenzione l’attendibilità delle fonti. Maniera piuttosto efficace per farlo è quello di confrontare le notizie riportate nelle monografie con il materiale d’archivio. Fortunatamente, le azioni militari di epoca moderna comportavano la produzione di una certa mole di documenti (rapporti, corrispondenze, ecc.) per cui il materiale non manca.
Si scopre quindi che, in realtà, i marateoti erano i gran parte di fede giacobina, per cui accolsero amichevolmente i francesi. Solo pochi uomini intorno a Mandarini erano ancora fedeli al Borbone, tanto che la maggior parte degli insorti raccolti nel Castello non era stata reclutata a Maratea. Di conseguenza, l’esercito napoleonico non ebbe mai ragione di assalire il paese: gli sforzi si concentrarono solo al Castello, roccaforte dai borbonici.
Quanti francesi morirono.
Il numero di morti tra gli assedianti non è noto. Una tradizione orale raccolta da Gennaro Buraglia (1831-1921) a fine secolo parla di 700 vittime tra i francesi. Una stima più prudere è quella che si trae da un rapporto di Luigi Mandarini, zio di Alessandro, capitano di una nave di supporto e testimone dei fatti, che conta invece 200 morti e 100 feriti. Quasi tutti furono le vittime dell’assalto a sorpresa tentato tra l’8 e il 9 dicembre, il quale, sventato dagli assediati, si trasformò in una strage per i francesi.
I nomi dei caduti.
I nomi dei morti durante l’assedio si trovano registrati nel libro dei defunti della parrocchia di S. Biagio. Nel 2016 ho pubblicato il contenuto sulla prestigiosa rivista Archivio storico per la Calabria e la Lucania: è possibile leggere l’articolo a questo link.
Il parroco di S. Biagio, il ben noto Carmine Iannini (1774-1835), registrò cinque nomi: Sabato Callicchio, Carmine Casciello, Francesco Maimone, Francesco Panza e Rosa Fiorillo.
Callicchio era di Camerota. Morì il 3 dicembre in uno degli scontri antecedenti all’assedio.
Casciello era napoletano. Morì il 10 dicembre, ultimo giorno di combattimento. In un altro documento – che non conoscevo all’epoca della pubblicazione del 2016 – Iannini descrisse le circostanze della sua morte: «I Francesi […] fecero uso del Mortale, per le Granate, e le stesse passando per sopra la Città, andarono a cadere, dall’altra parte, nella Falda del Monte, dove nuino [sic] potevano offendere. Una solamente, diede in un Sasso, e lo scheggiò; e la Scheggia colpì nel petto di Carmine Cascello Napoletano, che visse due giorni, e munito di Sagramenti [sic], morì a 10. Decembre [sic]. Niun’altro passò pericolo veruno: e la morte del Sudetto [sic] fu stimata, come un castigo del Signore, ed in pena di un Omicidio, commesso da lui proditoriamente in Napoli». L’annotazione è interessante, perché dà idea di chi fossero i sostenitori dei regnanti spodestati. Era infatti consuetudine che si promettessero indulti e grazie anche a comuni criminali pur di avere quanti più uomini da arruolare.
Maimone era un anziano eremita presso il romitorio della Madonna della Neve. Fu ucciso perché rifiutò di collaborare con i francesi. Aveva 78 anni.
Ultimi, i cittadini Francesco Panza e Rosa Fiorillo.
Panza viveva in campagna, alla Sodola. Aveva 64 anni ed era sordo: i francesi non lo capirono e lo uccisero perché non rispondeva alle loro richieste.
La Fiorillo perì in casa sua, sita tra le mura di Maratea Castello. Era una povera signora di 87 anni che non volle lasciar casa sua e scappare quando gli irregolari di Mandarini occuparono il Castello e i francesi lo assediarono. Fu stremata più dall’emozione e per l’età avanzata che per qualche azione militare: Iannini scrisse, nella sua bella prosa latina, che ella fu «perterrita a strepitu, et tumultu Belli».
In particolare dopo le ultime due annotazioni, si potrebbe chiudere questo articolo con molta retorica sugli orrori della guerra e delle sue battaglie: preferisco lasciare al lettore le sue conclusioni.