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Per tutti i Santi!

chiesa maratea

Ma perché ci sono così tante chiese a Maratea?

Alzi la mano chi non si è fatto questa domanda almeno una volta. Il nostro territorio è talmente ricolmo di chiese, cappelle ed edicole religiose che verrebbe da chiedersi se i nostri antenati, piuttosto che da un radicato sentimento spirituale, fossero preda di un singolare e bizzarro disturbo ossessivo-compulsivo, che li spingesse a costruire luoghi di culto nei momenti di noia.

In realtà, per comprendere il problema che ci poniamo con questa domanda dobbiamo ripercorrere qualche pagina della storia religiosa del Mezzogiorno d’Italia e di quella locale così da poter almeno tratteggiare un piccolo quadro del susseguirsi dei diversi momenti che hanno portato alla costruzione di quelli che sono poi diventati i simboli della Pietà e della devozione cristiana di Maratea e della loro attuale stratificazione.

Le prime chiese di Maratea

Una tradizione popolare che si perde immemore nei secoli più lontani vuole che il primo luogo di culto cristiano sul territorio di Maratea fu quello della Grotta dell’Angelo, la cavità che si apre sulla vetta del monte S. Biagio e che oggi si vede proprio sotto la figura della colossale statua del Redentore. Nella piccola grotta – caso evidente di insediamento religioso rupestre che, come è accaduto spesso nel panorama dell’Italia meridionale, è stato finora ricondotto unicamente ad una frequentazione eremitica o catacombale anche dalla più accreditata letteratura scientifica – si vedono ancora le tracce di un affresco dai tratti bizantineggianti che raffigura la scena della Crocifissione, mentre nulla rimane dell’altare che vi fu eretto al di sotto.

Non si conosce l’epoca precisa della diffusione della religione cristiana in Lucania e quindi nell’agro marateota, e neanche esistono documenti che ricordino quella della fondazione delle prime vere e proprie chiese di Maratea, di cui però si sono tramandate le dediche: S. Maria, S. Basilio, S. Nicola, SS. Quaranta e Madonna delle Grazie. Si trovavano tutte a Maratea Castello e solo l’ultima è sopravvissuta fino a noi. La prima era edificata nei pressi della porta principale della cinta muraria della vecchia città sul monte – che da essa prendeva il nome di «Porta S. Maria» –, nella zona dove oggi esiste il giardino di Palazzo Lebotti (ex casa canonica dei Padri O.M.I.) e ben conosciuta da tanti perché attraversata da una comoda scorciatoia che permette di arrivare al piazzale della basilica saltando gli ultimi tornanti della strada carrabile. La chiesa di S. Basilio, prima parrocchiale di Maratea, fu costruita nelle vicinanze della grotta dell’Angelo, ed ancora oggi si può vedere una parte delle sue mura perimetrali e di un abside. Pochissimo sappiamo invece delle cappelle di S. Nicola di Mira e dei SS. Quaranta Martiri di Sebaste: della loro localizzazione era rimasta traccia nella toponomastica del Castello, ma oggi, essendo rimasta l’antica Maratea disabitata, è persa anche quella!

Ultima è quella che fu la chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie. Tradizione vuole sia stata costruita sul sito di un antico tempio pagano dedicato a Minerva. Oggi la conosciamo come la basilica e santuario di S. Biagio, perché all’arrivo delle reliquie del santo armeno prese da lui il nome e il ruolo di punto di riferimento assoluto nella vita spirituale di Maratea.

Gli eremi

Dobbiamo porre, in ordine di anzianità, secondi solo alle chiese al Castello i due eremi ancora oggi esistenti, la cui origine è rapportata alla diffusione della vita eremitica di epoca bizantina – molto spesso erroneamente etichettato come monachesimo cosiddetto «basiliano» – e collocabile all’epoca altomedievale. Certamente a questo periodo risale l’eremo della Madonna della Neve, posto sulla cima che si alza dietro Maratea Castello, la cui chiesa conserva degli splendidi affreschi ed un altare finemente lavorato in un’unica radice di ulivo, da cui la chiesa prende il più comune nome di «Madonna degli Ulivi». Quello invece con la chiesa della Madonna della Pietà, la cui candida sagoma si scorge, in invidiabile posizione panoramica, a monte di Filocaio, è di più difficile datazione, a causa dei continui rifacimenti architettonici, ultimo quello del 1828 fatto per iniziativa del sacerdote Biagio Ginnari Satriani.

Le chiese del castello di Castrocucco

Nel maestoso castello di Castrocucco, di cui oggi vediamo i ruderi marcire su uno sperone roccioso a monte de La Secca, esistevano due chiese. La prima, e parrocchiale del castello, era quella dedicata a S. Maria, la seconda a S. Pietro. Di quest’ultima esistono i resti: era posta di fronte la porta del castello e si riesce, sempre più difficilmente, a distinguere i resti di un affresco nell’abside.

Le chiese del centro storico

Poiché le leggende sono la storia dei tempi che non hanno storia, anche per gli anni in cui alcuni abitanti di Maratea Castello scesero dalla vetta del monte a costruire le prime case del Borgo, attuale centro storico, dobbiamo affidarci alla tradizione popolare, che vuole che la prima chiesa edificata nella nuova Maratea fu quella di S. Vito. Si trova al punto più alto di Capo Casale, non a caso la parte più antica del centro storico, e, sebbene nel corso dei secoli abbia subito numerose modificazioni, conserva ancora oggi degli stupendi affreschi nel presbiterio.

La seconda chiesa fu quella di S. Anna, al Casaletto. In origine era una piccola cappella, che, col passar del tempo e con la costruzione di altre chiese, cadde prima in disuso e poi in rovina, tanto da rimanere senza porta e col tetto sfondato per molto tempo. Finalmente, intorno al 1840, il cantore della parrocchia Giuseppe Ciceraro, uomo buono e pieno di fede, dopo aver saputo che due monache del monastero delle Salesiane avevano ricevuto in sogno la richiesta di ricostruire la chiesetta da parte della santa stessa, si mise anima e corpo all’opera per raccogliere le oblazioni tra i fedeli di Maratea e in breve tempo ne raccolse tante bastanti non solo a sistemare la cappella ma da ampliarla allo stato attuale e decorarla con le statue e i due incantevoli dipinti di Leopoldo Fiumarelli conservati all’interno.

Poi fu la volta della Chiesa Madre dedicata a S. Maria Maggiore. Fu costruita con buona probabilità per avere nella nuova Maratea una chiesa più grande delle prime due, anche se, dopo i lavori di restauro iniziati nel 1980, si è scoperto che la primitiva chiesa era più piccola dell’attuale, grande grossomodo quant’è lo spazio che oggi corre tra la porta della sagrestia e la porticina d’ingresso più vicina al presbiterio. Successivamente questa prima struttura fu distrutta e sopra di essa fu costruita la navata della chiesa attuale – pare che ciò avvenisse nel 1505, data incisa su un’antica lapide nei pressi del fonte battesimale –, mentre il presbiterio fu ricavato successivamente inglobando alla chiesa una torre, dono della famiglia Santoro-De Vescis, di cui infatti questa parte conserva, vista dall’esterno, la forma.

Ignote rimangono l’epoca e le circostanze della fondazione della chiesa dell’Annunziata. Il suo nome appare già in documenti cinquecenteschi, ma fino al 1748 la chiesa era un po’ diversa da come la conosciamo oggi: si riduceva al solo corpo di fabbrica dell’attuale navata e contava molti più altari (nel 1603 erano undici!). Probabilmente la chiesa fu costruita per soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita, motivazione che spiegherebbe anche la sua localizzazione nel mezzo del corso principale della seconda fase di sviluppo urbano del Borgo. Nel 1585 si volle erigere questa chiesa a parrocchia autonoma, scatenando le ire del parroco della Chiesa Madre ed innescando una disputa legale di diritto canonico che si protrasse per quattro anni, composta alla fine eleggendo l’Annunziata come «vicaria perpetua» della parrocchia con pari dignità: ecco il motivo per cui oggi vediamo la statua di S. Biagio, durante la festa di maggio, conservata per un po’ in entrambe le chiese!

Lungo l’arteria viaria principale di Maratea Borgo vennero costruire poi altre due chiese. Prima fu la volta di quella dedicata a S. Pietro, costruita, forse nel ‘500, sul limitare orientale del corso. Molto piccola ma con un bellissimo affresco raffigurante gli Apostoli sul presbiterio, all’inizio del ‘700 fu abbandonata e al suo posto (letteralmente!) fu costruita la chiesa dell’Immacolata, prima come cappella poi ampliata a chiesa nel 1824. L’antica chiesa di S. Pietro è stata poi ritrovata sotto di questa durante i lavori di restauro del 1993.

Al 1620 risale invece la chiesa di S. Maria dei Sette Dolori, popolarmente nota come «l’Addolorata». Abbastanza controverse le circostanze della sua edificazione: parrebbe logico suppore che fu pensata e realizzata come naturale sede della Congrega omonima, ma sappiamo che quest’ultima fu costituita solo nel 1692 ed ebbe come prima sede la chiesa di S. Anna: un piccolo mistero che future ricerche storiche dovranno svelare.

I monasteri e le badie

Nel corso dei secoli sono stati presenti a Maratea diversi ordini religiosi, mentre altri, pur non avendo sede a Maratea, hanno avuto delle proprietà sul nostro territorio, come il monastero di S. Giovanni a Piro, che sul finire del ‘600 teneva a Maratea una piccola badia con chiesetta, intitolata a S. Nicola, di cui oggi è rimasto solo il nome alla contrada dove si trovava.

Caso simile quello della grancia di S. Bernardo, di proprietà del monastero del Sagittario di Chiaromonte, posta alla Galata nel centro storico. Ne è sopravvissuta solo la cappella, dedicata al santo, che conserva un bel crocifisso ligneo e un affresco.

Nel 1574, invece, venne iniziata la costruzione del primo monastero di Maratea. Originalmente pensato per i Domenicani, che lo rifiutarono perché mancante del terzo piano, fu preso prima dai Minori Osservanti (Francescani), poi dalle Salesiane ed oggi dalle Norbetine, ed edificato nel pianoro sotto il Borgo. La sua chiesa, dedicata a S. Maria della Misericordia, è comunemente conosciuta come chiesa «del Rosario».

Grazie alla dotazione data in eredità da Giovanni Antonio De Pino, vennero poi costruiti altri tre conventi. Il primo fu quello dei Cappuccini, del 1615, con annessa chiesa dedicata a S. Antonio, che conserva una stupenda pala d’altare alta quasi cinque metri, in legno con diverse tavole a olio su tela. Secondo venne il monastero dei Paolotti con la chiesa di S. Francesco di Paola, del 1616, costruito sul sito di un precedente insediamento religioso con chiesa dedicata a S. Leonardo le cui vicende non sono ben note. Ultimo a venire faticosamente alla luce fu il convento delle Salesiane, realizzato nel 1730 nei pressi della Chiesa Madre: aveva una chiesetta, dedicata a S. Francesco di Sales o alla Madonna della Visitazione, poi distrutta dal terremoto del 1831. In seguito il convento fu abbandonato e, dopo alterne vicende, oggi è diventato un albergo, o, come si usa chiamarlo, una “locanda” che nel nome ricorda le “donne monache” sue antiche inquiline.

Cappelle e chiesette

Si sa che Maratea è per antonomasia la «città delle 44 chiese», ma – tralasciando il fatto che le nostre chiese consacrate oggi non sono quarantaquattro ma quarantotto, come poi vedremo –, al di là della bella prosa, è noto che la maggioranza dei sacelli marateoti sono in realtà non chiese ma piccole cappelle. Alcune di queste sono edificate anche sui monti o in contrade remote, ed oggi è obiettivamente difficile riuscire ad immaginare cosa abbia spinto i nostri antenati a volerle costruire proprio in quei luoghi e come potessero servire al culto.

Le cappelline di Maratea possono rientrare in due casistiche. La prima è quella delle «cappelle gentilizie», costruire dentro o, più spesso, nei pressi dei palazzi delle famiglie notabilate del paese, che vantavano tra i loro membri diversi membri del clero. Alcune di queste oggi non esistono più, come la cappella vescovile nel palazzo dei marchesi Ventapane al Castello; o quella di S. Raffaele o dell’Angelo Custode, che si trovava alla Pietra del Sole nei pressi del palazzo dei signori Latronico al centro storico. Ancora presenti sono invece la chiesetta del Calvario, ai piedi del centro storico, la cappella di S. Francesco de’ Poverelli, costruita da chissà quale famiglia alla Prazza inferiore; la chiesetta e la cappella di S. Maria delle Grazie, la prima costruita dalla famiglia De Cesare ai primi del ‘700 al limitare del bosco dei Carpini, la seconda posta al principio della strada omonima.

Alcune di queste cappelle venivano innalzate anche nelle case o nelle tenute fuori dall’abitato, come quelle di S. Michele, S. Giuseppe e S. Bartolomeo a Marina, costruite all’interno dei plessi per lo stoccaggio e la frantumazione delle olive (i cosiddetti “trappeti”) o le altre di S. Gaetano all’Ogliastro nella tenuta dei conti Dal Verme e S. Pasquale Baylon alla Secca di Castrocucco nei pressi del palazzo dei baroni Labanchi.

Diverso è il caso delle «cappelle rurali». Sono quelle cappelline che si trovano in luoghi isolati, o che erano tali all’epoca della loro costruzione, e risalgono all’epoca successiva alla Controriforma cattolica, cioè quella seguente al concilio di Trento (1565-1570). Era allora nella politica della Chiesa presente il principio di voler moltiplicare gli spazi di culto, invadendo e colonizzando anche gli spazi rurali più reconditi per reprimere e sopprimere i culti magico-paganeggianti diffusi tra le classi più basse del popolo, specie i contadini. Le cappelle di questo genere, anche quando edificate in epoche distanti, si caratterizzano anche per un comune linguaggio architettonico: presentano, infatti, un disegno molto semplice, a pianta rettangolare, un unico altare all’interno, e nella facciata un oculo sopra l’ingresso e un piccolo campanile a vela. È questo il caso delle cappelle di S. Giuseppe e della Madonna delle Grazie a Fiumicello, S. Filippo ai Trecchinari, S. Barbara al Campo e S. Giovanni nella contrada omonima. Molte altre ancora esistevano in passato ed oggi ne sopravvive qualche rovina o solo il nome, registrato su un antico documento, come la cappella della Pietra tra il Curzo e la contrada Zia Ricca, S. Maria nella contrada omonima (che risulta diruta già nei Catasti Onciari del 1753), S. Andrea edificata in un luogo imprecisato, S. Sebastiano presso Santa Caterina, S. Salvatore alla contrada Forbici (dove oggi si trova il residence del Pianeta Maratea), S. Paolo a monte di Filocaio e Santo Spirito a San Basile.

Chiese succursali nei villaggi

Nella seconda metà del ‘700 iniziarono a formarsi i primi villaggi, o frazioni che dir si voglia, oggi esistenti nel territorio di Maratea. Precedentemente, tutta la popolazione era accentrata negli abitati di Maratea Castello e del Borgo (attuale centro storico). Crescendo pian piano di abitanti, questi nuovi centri avevano bisogno di edifici per il culto.

Sul finire del secolo erano state erette due cappelle ad Acquafredda e al Porto. L’Immacolata ad Acquafredda venne ingrandita in forma di chiesa nel 1833. Una costante tradizione ricorda l’esistenza qui anche di un’altra cappella, intitolata a S. Pietro, posta sulla punta omonima (dove oggi c’è Villa Nitti), ma non esistono probanti prove né documentarie né monumentali a supporto. La chiesa del Porto, dedicata alla Madonna del Porto Salvo, venne ampliata allo stato attuale in due tempi, prima con i lavori del 1925 e poi del 1954. Un’altra cappella, rimasta tale, è quella della Madonna di Loreto, sempre al Porto.

Probabilmente più antica, la chiesa di Cersuta fu in un primo momento dedicata a S. Caterina di Siena, poi all’Addolorata. Il disegno architettonico, interno ed esterno, hanno portato a datarla al ‘600, ma i primi documenti che la citano risalgono all’800.

Il primo tempio di Massa fu la cappella della Madonna del Carmine, edificata dalla famiglia Calderano su un proprio terreno, e serviva anche i fedeli di Brefaro. Successivamente, sul finire dell’800 venne costruita a Brefaro la chiesetta della Madonna della Mercede, poi, nel 1932, nella stessa Massa venne eretta l’attuale chiesa, che porta la stessa dedica della cappella. Più o meno nello stesso periodo venne ampliata a chiesa la cappella di S. Caterina d’Alessandria a Santa Caterina.

A Marina, la prima chiesa di S. Teresa d’Avila venne costruita all’inizio del ‘900. Nel 1956, questa chiesa venne abbattuta e sostituita da quella attuale, con la stessa dedica.

In ultimo, a Castrocucco la prima cappella fu quella dell’Immacolata, costruita nel 1926 dal barone Emanuele Labanchi. Venne poi quella di S. Gerardo, e, a finire, la chiesa del Cuore Immacolato di Maria, costruita nel 1992… la più giovane delle chiese di Maratea!

 

Luca Luongo

Luca Luongo

Io sono Luca e quella a lato è la mia faccia quando provo a rileggere un mio articolo. Nella vita racconto storie: a teatro le invento io, qui le studio dai documenti.

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