Le prime edizioni della festa di S. Biagio a maggio
Oggi cade il trecentoventicinquesimo anniversario dall’istituzione della festa di maggio dedicata a San Biagio così come la conosciamo oggi.
Era domenica 10 aprile 1695 quando venne deliberato di ampliare l’antica festa di maggio nella forma che ancora oggi conserva.
La festa, originariamente, si svolgeva unicamente a Maratea Castello e durava i soli due giorni della prima domenica di maggio e del sabato precedente. Nel 1676, poi, si era deciso di fare una processione con un cero in paese, ogni 21 maggio, per ringraziare il santo dalla liberazione da una banda di briganti che aveva assalito i cittadini: ne ho scritto qui.
Alle origini della festa.
Era abitudine dei nostri antenati invitare un predicatore forestiero per la Quaresima, che riceveva vitto e alloggio a spese dell’assise cittadina o dei procuratori ed economi di una delle principali chiese. Quello capitato a Maratea Castello in vista della Pasqua caduta domenica 3 aprile 1695 era fra’ Luigi Pascale di Napoli, padre domenicano.
Fra’ Luigi Pascale – evidentemente non essendo mai stato a Maratea prima di allora – si stupì che qui, dove riposavano le reliquie dell’illustre martire, molto venerato anche a Napoli, gli si tributassero soltanto tre celebrazioni: il 3 febbraio, commemorazione del martirio, la prima domenica di maggio, festa della traslazione delle reliquie, e il 21 maggio, commemorazione della liberazione dai briganti.
Il benedettino, ci dice una memoria scritta a Napoli l’8 gennaio 1700, «vedendo, che ivi se conservino le Reliquie di detto Glorioso Vescovo, e Martire S. Biase, e che la Città tutta teneva per tutelare, e Protettore detto Glorioso Santo per l’infinite gratie, che alla giornata Sua Divina Maestà se compiace impartire a fedeli per intercessione di detto Santo, Stimò esso Frate maggior gloria d’Iddio, e lode dell’istesso Santo procurare, conferme nel quaresimale di detto anno 1695, etiam per maggiore eccitamento de’ fedeli devoti, procurò, che l’istessa Città di Maratea inferiore, e superiore havesse formiter accettato, conferme in effetto accettò per tutelare, e Protettore appresso S. D. Maestà detto Glorioso Vescovo, e Martire S. Biase, con offrirsi ogni anno a detto Santo, e per esso all’Economi, e Tesorieri di detta Sua Cappella per elemosina certa quantità di denaro, e certa cera».
Una svista – dobbiamo immaginare! – che fra’ Luigi Pascale non ricordasse, al tempo di dettare la memoria, che Maratea aveva già da secoli eletto San Biagio per patrono e si arrogasse la paternità della scelta e un puro caso – dobbiamo supporre! – che il domenicano predicando invogliò i fedeli a offrire una certa somma di denaro agli economi della Cappella del santo, cioè coloro che avevano pagato perché fosse lì a predicare…
Da cosa nasce cosa.
Sta di fatto che l’idea di ampliare i festeggiamenti di maggio ronzava già da qualche tempo nelle teste dei fedeli di Maratea. I racconti di miracoli a singole persone o all’intera cittadinanza, la memoria ancora viva dell’assedio dei briganti, i quali, scappando, avevano preso quattro prigionieri liberati – dicevano – dall’apparizione del santo e, più recentemente, il catastrofico terremoto dell’Irpinia e Basilicata, che l’8 settembre 1694 aveva ucciso decine di migliaia di persone lungo il Regno di Napoli ma aveva lasciato il nostro paese praticamente incolume, sembravano tutti inequivocabili segnali di una protezione celeste per cui rendere dignitosamente grazie.
Sfruttando il seminato di fra’ Luigi Pascale, trascorso il periodo pasquale, domenica 10 aprile 1695 il sindaco dell’Università di Maratea inferiore (una delle due municipalità della città, all’epoca), il signor Federico Riccio, indisse un pubblico parlamento per deliberare, nella seconda domenica di maggio, «una Processione solennissima colla Statua del Santo, da calarsi dal Castello di Maratea superiore il giorno antecedente alla Processione, collocandola in una di queste nostre chiese, per poi la Domenica seguente, portandola processionalmente per tutta questa città di Maratea inferiore, salirla nel Castello di Maratea superiore, obbligandosi di celebrare questa festa e processione solenne e generale del nostro Santo Protettore in ogni secolo… coll’offerta di ogni anno in perpetuum, di ducati dieci con sua torcetta al Santo».
E sì, alla fine la proposta economica di fra’ Luigi Pascale venne integrata, ma si trattò veramente di poco più di una postilla…!
Tutti gli atti, compresa la corrispondenza col vescovo di Cassano, furono codificati in un rogito dal notaio Giovan Pietro Lombardi (1659-1737). Gli originali sono perduti, ma ne conosciamo il testo perché, nel 1779, un fedele di Maratea li diede alle stampe in forma di opuscolo.
Le prime edizioni della festa.
Purtroppo, le carte dell’Università (così si chiamavano, all’epoca, le amministrazioni comunali) di Maratea sono praticamente del tutto perdute. Prima della nascita del comune, l’assise cittadina non aveva una sede fissa, così le carte municipali erano conservate dal mastrodatti (una specie di segretario comunale) ma, in secoli di scambi di mano per consegnarle ai successori a ogni fine incarico, è andato tutto perduto.
Soltanto qualche documento è superstite: a volte era richiesto che le università mandassero copie delle loro carte alla Regia Camera della Sommaria o a un’altra magistratura a Napoli. Avendo queste fatto confluire i loro faldoni nell’Archivio di Stato di Napoli, possiamo recuperare lì qualcosina.
Sfortunatamente, nessuna notizia ho trovato riguardo la prima festa, quella del maggio 1695. Per la seconda e la terza, invece, qualcosa c’è.
Dal 1° settembre 1695 al 31 agosto 1696 (questi erano gli estremi dei mandati comunali) il sindaco di Maratea inferiore fu lo stesso notaio Lombardi. Nel suo esercizio trovo un pagamento di 10 ducati per una «torcia d’una libbra» regalata alla cappella del santo e 20 carlini impegnati per «l’accomodatione e riparatione della strada del monte di S. Biase», cioè il sentiero dove tutt’ora transita la processione.
È interessante notare che nello stesso mandato di pagamento figura anche la spesa per «un Cereo di Cera Bianca» portato in processione il 21 maggio, segno che la nuova festa di maggio e quella creata per commemorare la liberazione dai briganti coesistettero per qualche tempo. Poi, però, la tradizione si è esaurita.
La festa di maggio era anche l’occasione per abbellire il paese e dotarlo di nuove strutture. Nel 1696 vennero spesi 6 ducati per «l’accomodatione della strada e Belvedere della Pietra del Sole» e, con la collaborazione di Biase Mercadante (che nel 1692 aveva fondato la congrega dell’Addolorata) venne costruito un «Hospizio pe’ forestieri che vengono alla divotione del Glorioso Santo Nostro Padrone». Questo, detto anche Hospitale Peregrinorum, resterà attivo fino a che la fondazione del nuovo Ospedale civile voluto da Giovanni Di Lieto (1657-1734) lo rese obsoleto.
Per la festa nacque il teatro.
Identica spesa di ducati 10 per il cero venne fatta, nel maggio 1697 dal sindaco Domenico Giordano. In questa occasione – la terza festa di S. Biagio a maggio – Maratea si dotò di una nuova, importantissima struttura. L’Università di Maratea prese in affitto perpetuamente, a 5 carlini all’anno, «un loco a S. Maria di Molo Piccolo» (toponimo che all’epoca indicava tutta la zona fino all’attuale Piazza Europa), di proprietà del convento di S. Francesco di Paola, «ove si è piantato il teatro di S. Biase».
Questo sarà, per poco più di due secoli, il teatro comunale di Maratea, per tutto il Settecento e inizio Ottocento usato soltanto per rappresentazioni sacre. La nascita della struttura, ricavata da un locale originariamente dedicato Dio solo sa a cosa, spiega probabilmente come mai fosse così fragile, perennemente sul punto di crollare, tanto da far spendere al comune ingenti risorse per riparazioni, finché, nell’inverno del 1901, cadde definitivamente.
E poi arriva la statua d’argento.
La quinta edizione della festa, quella del maggio 1699, vide il ritorno a Maratea di fra’ Luigi Pascale di Napoli.
Tutto contento perché le sue parole erano state ascoltate, lanciò dal pulpito del santuario una nuova idea. Fino a quel momento, la statua di San Biagio portata in processione era di legno, a mezzobusto, colorata vivacemente. Il domenicano, dice ancora la memoria del 1700, «procurò anche maggiormente infervorare, et eccitare li Cittadini, e particulari alla dovuta devotione del Santo, acciò con loro elemosine havesse possuto farsi una Statua di mezzo busto del medesimo Santo, almeno con testa d’argento».
L’invito fu raccolto e l’anno successivo venne commissionato a un argentiere di Napoli la cesellatura della testa e delle mani del santo in argento.
La statua rimase così, parte in argento e parte in legno, fino al 1706 o 1709, quando fu rifinita tutta in argento dall’artista napoletano Domenico De Blasio.
Senso religioso, senso storico e senso civile.
La festa di San Biagio ha da sempre una pluralità di significati.
Il senso religioso la inserisce in una ampia e ben nota fenomenologia di celebrazioni locali in cui una comunità festeggia l’acquisizione di certe reliquie, nel nostro caso, affiancando in altra data la vera e propria commemorazione del santo, che per San Biagio cade, com’è noto, il 3 febbraio. Oltre ciò, al santo e alla protezione che egli concede ai suoi fedeli è rimandata la protezione da certi mali, che trascendono anche di molto i poteri taumaturgici riconosciuti, più o meno formalmente, dalla Chiesa Cattolica ed a cui si attribuisce la protezione da pestilenze, carestie e guerre. Questo senso è tutt’oggi vivo: basti pensare che domenica 15 marzo la comunità sacerdotale di Maratea ha affidato la cittadinanza al santo per la pandemia della Malattia da Coronavirus.
Il senso civile è altrettanto ampio, se non maggiore. Sin dalle prime edizioni, come abbiamo visto, la festa è stata occasione per dotare il paese di strutture e, non meno importante, la festa stessa è stata vista come occasione per portare l’attenzione di fedeli forestieri verso Maratea. È curioso notare, in questo senso, come nel 1696 questa dinamica fosse talmente lucida da portare alla costruzione di una struttura pensata appositamente per la ricezione di quello che oggi chiameremmo turismo religioso, mentre oggi la festa di maggio non è minimamente percepita come uno degli eventi da offrire – per lo più nella bassa stagione – ai nostri turisti!
Il senso storico, in ultimo, è ancora in gran parte da esplorare. La collocazione nel giusto contesto storico della nascita della festa può aiutare a comprendere uno dei fenomeni meno indagati nella ricerca storica su Maratea, quello, cioè, riguardo la formazione e il comportamento del patriziato cittadino. È ovvio che lo spostamento consapevole del clou della festa di maggio da Maratea Castello al paese rientrava, in una certa misura, in una logica di supremazia di un nucleo sull’altro. Ed era nel centro inferiore che viveva la nobiltà del paese, che nel 1688 si era costituita in congrega (prima detta di S. Pietro, poi dell’Immacolata), formando al prima vera e propria istituzione di classe nella storia di Maratea. Nell’atto di fondazione della congrega troviamo molti nomi in comune con l’atto di istituzione della festa: raramente, ci insegna l’esperienza, la storia è così pigra da generare una coincidenza.
Queste poche righe già mostrano come mettere in correlazione gli eventi offra nuove chiavi di lettura, il che, alla fine dei conti, è il ruolo sociale più importante dello studio della storia.